Dopo Sacro Gra di Rosi del 2013 un documentario torna a vincere il Leone d’Oro: All the Beauty and the Bloodshed di Laura Poitras, che sarà al cinema distribuito da I Wonder Pictures, racconta la storia personale e la lotta della fotografa statunitense Nan Goldin contro la ricchissima famiglia Sackler ritenuta responsabile dell’epidemia di oppioidi negli Stati Uniti. Diciamo subito che si tratta di un buonissimo film, non è certo un lavoro ordinario come alcuni critici stanno dicendo, ma probabilmente non è neanche il capolavoro che ha sedotto così tanto Julianne Moore e i compagni della giuria veneziana.
È interessante notare come la Poitras continui il suo lavoro sui problemi della società americana che l’aveva già portata a vincere un Oscar nel 2015 per Citizenfour, eccezionale documentario su Edward Snowden, e che l’aveva vista autrice anche di Risk, film sulla vita del fondatore di WikiLeaks Julian Assange.
All the Beauty and the Bloodshed inizia raccontandoci il P.A.I.N. (Prescription Addiction Intervention Now), un gruppo fondato proprio da Nan Goldin per indurre i musei a rifiutare i fondi della Sackler che da anni finanzia decine dei musei più famosi del mondo, dal Gugghenein al British Museum, ottenendo in cambio detrazioni fiscali e la possibilità di dare il proprio nome a qualche galleria. La famiglia Sackler, oltre che mecenate dell’arte, è però la proprietaria della Purdue Pharma, l’azienda che ha iniziato prima a vendere il Valium e poi l’Ossicodone ricavandone miliardi, anche grazie a prescrizioni facili che non tenevano in conto i rischi. L’Ossicodone è un potente analgesico appartenente ad un gruppo di medicinali chiamati oppioidi che combatte il “dolore” ma che crea, come tutte le droghe, dipendenza.
Laura Poitras, da ottima documentarista, segue il gruppo PAIN guidato da Goldin, che orchestra una serie di proteste destinate a denunciare i Sackler per ottenere il riconoscimento della loro responsabilità per le morti di overdose da ossicodone, un numero che il gruppo sostiene sia di addirittura 400.000 nei soli Stati Uniti.
Parallelamente a questa lotta scopriamo la storia personale di Nan Goldin che viene raccontata attraverso diapositive, dialoghi fuori campo e soprattutto con le fotografie che l’hanno resa celebre negli Stati Uniti e nel mondo. La regista americana si concentra sull’infanzia terribile della fotografa che ha visto la sorella Barbara morire suicida dopo essere stata rinchiusa in un ospedale psichiatrico, e ha visto anche lei stessa scappare presto da una famiglia puritana e opprimente.
All the Beauty and the Bloodshed narra di come la Goldin arrivi nella rivoluzionaria New York degli anni ’70 e ‘80 e di come diventi fotografa: scopriamo così i suoi ritratti sconvolgenti e realistici, molto diversi dagli scatti in auge all’epoca. Il film si concentra sulla devastante serie fotografica Ballad of Sexual Dependency e la leggendaria mostra sull’AIDS Witnesses: Against Our Vanishing del 1989, censurata dal National Endowment for the Arts. Al centro del film campeggiano altre opere della Goldin che ritraggono sempre ragazzi e amici rappresenti con tenerezza e crudo realismo, sono fotografie che non nascondono mai l’abuso di droghe e i soggetti ritratti restituiscono sempre una bellezza che si mischia con la crudeltà della dipendenza.
Laura Poitras intreccia così il passato e il presente della Goldin, realizzando un documentario che non sconvolge nella forma – storia personale e osservazione si mischiano in maniera abbastanza classica – ma che ha il pregio di essere sia il ritratto di una generazione che ha costruito il mito della New York underground, sia il racconto terrificante di una famiglia miliardaria che ha consapevolmente creato un’epidemia.
Il nucleo della storia è però l’opera di Nan Goldin: l’equilibrio disperato delle sue fotografie, che combinano amore e morte, poesia e lotta politica, è il punto più importante del film. La Poitras vuole forse dirci che la Goldin non è tanto dissimile da Snowden e Assange, che non erano artisti ma uomini che hanno avuto il coraggio di mettersi in gioco, lottando disperatamente contro il Potere più grande del mondo e pagandone le conseguenze. Poitras vuole forse dirci di come la lotta politica e l’impegno sociale, a prescindere dalla arte di cui si è maestri, sono dei doveri che qualunque americano dovrebbe mettere in campo, bisogna scuotere i Potenti e provare in tutti i modi a mettere sotto scacco i veri criminali di questo mondo.
Claudio Casazza