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Addio a Franco Citti: non solo accattone

franco_cittiAveva un volto indimenticabile Franco Citti. Lo sguardo da borgataro scorbutico e strafottente mentiva sulla reale natura di questo attore pescato dalla strada da Pier Paolo Pasolini. Chi ha conosciuto Citti, a cominciare da Ninetto Davoli, che ne ha annunciato la scomparsa, lo descriveva come un uomo gentile e disponibile, profondo e impegnato.
Era nato a Fiumicino nel 1935, allora periferia disastrata di Roma. Prima di finire davanti alla macchina da presa di Pasolini, aveva fatto lavori umili e onesti, in un contesto popolato di gente che tentava di sopravvivere in maniera anche illecita. Cosicché, interpretare Accattone nel 1961 significò portare al cinema una rappresentazione realistica di un mondo conosciuto per esperienza diretta. Citti aveva il volto e il corpo giusti per quel ruolo: sofferto nei lineamenti, tragico nel portamento. Un vero ragazzo di vita.
Il sodalizio con il regista intellettuale sarebbe continuato con ruoli in Mamma Roma, Edipo Re, Porcile, Decameron, I racconti di Canterbury, Il fiore delle mille e una notte. Aveva lavorato anche con Fellini, Lizzani, Bertolucci, Petri, Carmelo Bene (a teatro), Carné e Coppola (una parte ne Il padrino – 1 e 3), ovviamente per il fratello Sergio, e si era adattato magnificamente alle poetiche di genere (western e poliziesco made in Italy) a servizio di Corbucci, Deodato, Girolami, Massi. Una carriera magnifica da artigiano della recitazione, incarnando spesso personaggi ambigui, caratterizzati da poche luci e molte ombre. Ma che sguardo, Franco Citti! A rivederlo in qualsiasi galleria di immagini sul web però, viene da coglierne i tratti più dolci, una bellezza non banale.
Un consiglio: se riuscite a trovarla, leggetevi la sua autobiografia Vita di un ragazzo di vita (SugarCo, 1992).

@redazione

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