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1981 a Most Violent Year

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All’estero ne hanno parlato praticamente tutti bene, forse per la scollatura inopportuna che Jessica Chastain esibisce in locandina accanto a Oscar Isaac, forse perché in America questo tipo di prodotto è quanto di meglio si avvicini al concetto europeo di cinema d’essai. Ritmi lenti, movimenti di macchina calibrati, dilatazione del racconto. Se non fosse per i nomi che ci stanno dietro, forse non varrebbe nemmeno la pena di scriverci, eppure J.C. Chandor non è uno di quei parvenu da sottobosco hollywoodiano, ma un regista affermato, con esperienza certificata, con un pedigree da mestierante che molti non potranno fare a meno di invidiargli. Sì, stiamo parlando di un tizio che è stato candidato alla Berlinale per Margin Call (2011) e ha avuto un ben pubblicizzato passaggio sugli schermi grazie al Robert Redford di All is Lost – Tutto è perduto (2013). Avete presente?
Ecco, il nostro torna con una storia d’ambientazione, New York 1981, epoca Reagan: l’anno più violento per la Grande Mela, almeno così dicono le statistiche, dove tutti rubano, arraffano e si arricchiscono sulle spalle degli altri. Isaac interpreta Abel Morales, un imprenditore attivo nel commercio del greggio che cerca di ampliare la propria attività comprando da una potente famiglia di ebrei un deposito abbandonato. A Morales servono soldi, le banche sono disponibili a finanziarlo, ma poi succede un gran casino e tutti si tirano indietro. Un procuratore (David Oyelowo recentemente apprezzato in Selma) cerca di incastrarlo per evasione fiscale e altri reati minori; dei malfattori continuano a spadroneggiare nella zona, sequestrando i suoi camion e rubando tutto il greggio disponibile; un collega decide allora di armare gli autisti, fino a quando un ragazzotto non si fa prendere dal panico e utilizza la semiautomatica nel bel mezzo di una strada affollata. E Jessica Chastain? Ma niente, lei è la moglie dell’imprenditore, gli tiene i conti e l’aiuta come può.

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1981: indagine a New York non è né bello né brutto, è senza infamia e senza lode, insomma si trascina per due ore abbondanti senza entusiasmare nemmeno per un momento. Il senso del film è forse quello di rappresentare la burocrazia di uno stato che attanaglia i cittadini, che li osserva con sospetto anche quando non commettono niente di particolarmente grave, che uccide l’iniziativa economica non facendo nulla per catturare i delinquenti responsabili di quest’ondata terrificante di furti e rapine. Naturalmente J.C. Chandor tesse le lodi al self-made man americano, colui che si è fatto da sé provenendo da una famiglia di immigrati ispanici, quindi a rischio di povertà, ma che in qualche modo è riuscito a combattere i meccanismi perversi del disagio sociale accumulando A-Most-Violent-Year-bannerricchezza, prestigio e benessere. E scatenando le invidie della concorrenza. Fin qui niente di strano, il problema è una sceneggiatura che non dice nulla, dialoghi pesanti come fardelli, personaggi tutto sommato abbastanza vacui, prevedibili, con molte luci e poche ombre. Il risultato è un lavoro di superficie, attento ai dettagli, alle piccolezze, ma che purtroppo ingabbia la regia nel capestro di un formalismo assolutamente disarmante. Sembra di vedere un film di Atom Egoyan, soltanto più solare. J.C. Chandor trasfonde nel cinema il suo amore per la tecnica, per il ragionamento, per il cavillo. Non c’è però passione, né desiderio, né rabbia, niente di niente. Encefalogramma piatto. D’accordo, la Chastain con una pistola in mano ti procura sempre quella mezza erezione, ma se si fosse spogliata un po’ di più, saremmo stati tutti più contenti.

Marco Marchetti

1981: indagine a New York – A Most Violent Year

Regia e sceneggiatura: J.C. Chandor. Fotografia: Bradford Young. Montaggio: Ron Patane. Musica: Alex Ebert. Interpreti: Jessica Chastain, Oscar Isaac, David Oyelowo, Alessandro Nivola, Albert Brooks. Origine: USA, 2014. Durata: 125′.

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