Il cinema. Un luogo di incontro, scambio, mutamento. Uno spazio in cui le immagini rimandano a una realtà più stratificata, densa di significati, congiunture e connessioni, e dove il percorso individuale del soggetto, sia esso attore o autore, interprete e forse persino spettatore, finisce per divenire sottilissima allegoria del mondo che ci circonda. È proprio con questa metafora che Carlo Chatrian, nuovamente direttore artistico della sessantasettesima edizione del festival, ha presentato il programma generale nel corso dell’annuale conferenza stampa di Bellinzona, illustrando le principali tematiche estetiche, le scelte di campo, i percorsi linguistici e comunicativi che ci permetteranno di filtrare l’universo attraverso la lente della settima arte. E di interpretare la settima arte per meglio decodificare l’universo. L’immagine più rappresentativa di questa Babele di suoni confusionari, parole ingarbugliate, confronti e interrelazioni è proprio quella che apre la locandina, che per la prima volta dopo anni ridimensiona il leopardo, ormai divenuta mascotte e simbolo dell’evento, per lasciare spazio alla grandezza della Piazza, alle sue luci policrome, ai grovigli di spettatori affannati, disattenti, concentrati o affabulatori che riempiono come formiche le sedie in attesa della proiezione serale. La quale, per idea del direttore operativo Mario Timbal, beneficerà, in via del tutto sperimentale, di ben trecento postazioni riservate al costo aggiuntivo di quindici franchi caduna, onde permettere agli spettatori di seguire la programmazione del tardo pomeriggio e di confluire poi alla serale senza il pericolo di restarsene in piedi.
Come sempre sono tanti i nomi che arricchiranno questa edizione, da Juliette Binoche a Mia Farrow, da Melanie Griffith (protagonista di Thirst, corto della sezione Pardi di domani) a Aleksandr Sokurov passando per Dario Argento che, in occasione della retrospettiva dedicata alla Titanus, produttrice del suo primo lungometraggio, L’uccello dalle piume di cristallo, presenterà i Corti di paura, finanziati dalla Rai e praticamente inediti al pubblico internazionale. Un’ulteriore importante novità della kermesse sarà l’aggiunta di una terza sezione parallela al Concorso internazionale e a quella dei Cineasti del presente, ovvero Signs of Life, citazione del primo film di Werner Herzog, e il cui proposito sarà indagare i territori di frontiera del cinema, tra nuove forme narrative e innovazioni di linguaggio. Per quanto riguarda la competizione propriamente detta, la scelta festivaliera si mantiene sui diciassette titoli, con alcune pellicole sorprendenti, almeno dalle indiscrezioni trapelate, come questo impronunciabile Mula sa kung ano ang noon (From What is Before) di Lev Diaz, film dalla incredibile durata di 338 minuti, ambientato nelle Filippine anni settanta, ai tempi della dittatura di Marcos. Piani sequenza, splendido bianco e nero, fotografia curatissima, quel poco che ci è dato di sbirciare in rete già lo colloca tra le prelibatezze più desiderate della rassegna. Ricordiamo inoltre il ritorno di Andrea Štaka, regista vincitrice nel 2006 del Pardo d’Oro per Das Fraulein che presenterà il suo nuovo film in concorso, Cure – The Life of Another. Decisamente più commerciale la selezione serale di Piazza Grande, con film come Lucy di Luc Besson ad apertura del festival, The Hundred – Foot Journey di Lasse Hallstroem e Sils Maria di Olivier Assays.
E’ possibile consultare il programma di tutte le sezioni del festival sul sito Pardo Live:
http://www.pardolive.ch/en/Pardo-Live/today-at-the-festival
Marco Marchetti