Ahmad (Ali Mosaffa, attore feticcio di Farhadi) torna a Parigi da Teheran perché l’ex moglie, Marie (Berenice Bejo), vuole portare a termine le procedure di divorzio. I due si incontrano all’areoporto e il primo sguardo tra loro passa attraverso un vetro che non solo li divide, ma non permette loro di sentirsi. Ahmad torna nella vita di Marie quasi a rompere quel vetro, quel silenzio che circonda la vita della donna. Quest’uomo sarà la scintilla che farà esplodere quel groviglio di non detto, di recriminazioni e di sensi di colpa che aleggiano nella casa parigina. Qui, abitano ora le due figlie di Marie e il nuovo compagno della donna Samir (Tahar Rahim) con il figlioletto. All’interno di questa nuova famiglia allargata, estremamente difficile è il rapporto tra Lucie e la madre: non c’è dialogo e la ragazza, eternamente arrabbiata e in ribellione, sembra non aver accettato la situazione attuale e forse nessuno le ha mai chiesto con sincero interesse il perché del suo comportamento. Grazie alla sua affabilità e alla sua sensibilità, Ahmad riapre il dialogo con e tra i vari membri della famiglia e i nodi della storia iniziano a sciogliersi. Si scopre che dietro alle incomprensioni c’è sopratutto un dramma legato al tentato suicidio della moglie di Samir. Non capiamo subito in che cosa consista, ma lo scopriremo progressivamente con i protagonisti stessi. Infatti è la ricerca ossessiva della spiegazione di ciò che è successo, di qualcosa che dia senso al presente, a diventare protagonista.
Il tempo, quello del racconto e dei dialoghi, sembra contrarsi e distendersi continuamente come gli stati emotivi, dei personaggi e dello spettatore. Si dilata e rilassa nel momento in cui riceviamo delle risposte e si intravede la soluzione, ma all’improvviso tutto si complica di nuovo perché viene aggiunto un dettaglio, quel dettaglio che provoca ancora litigi, urla, pianti e disperazione opprimente apparentemente senza via d’uscita (la stessa che tormentava alcune scene di Una separazione).
La ricerca dell’elemento mancante per ricostruire quel passato che non dà pace è prima domanda, poi investigazione e infine ossessione. Perché questa ricerca spasmodica ripiegata sul passato? Il passato è qualcosa di immutabile da cui bisogna sganciarsi o è ciò che continua a plasmare il presente? Samir, Ahmad e Lucie sembrano non riuscire a staccarsene poiché per essere liberi di guardare avanti bisogna prima riconciliarsi con tutto ciò che sta dietro. Marie, invece, “non vuole più guardare indietro”, perché a volte è proprio impossibile trovare quella conciliazione. Il regista, Asghar Farhadi, non ci vuole dare la risposta, ci lascia in sospeso (come aveva fatto nel suo precedente film abbandonandoci in quel corridodio del tribunale in attesa della risposta della piccola Tarmeh), questa volta con due mani che si incontrano. Per l’ultima volta o per stare insieme per sempre?
Camilla Mirone
Intervista al regista su: https://www.youtube.com/watch?v=9GOjB-X1Whs
Il passato (Le passé)
Regia: Asghar Farhadi. Sceneggiatura: Asghar Farhadi e Massoumeh Lahidji. Fotografia: Mahmoud Kalari. Montaggio: Juliette Welfling. Interpreti: Berenice Bejo, Tahar Rahim, Ali Mosaffa. Origine: Francia, Italia. Durata: 130’.