Pensate a qualcosa di più erotico di Naomi Watts in questo film. Immaginate un’ipotetica scaletta in cui collocare le vostre preferenze sessuali, intrecciate ogni raffronto, fate qualunque tipo di collegamento, analizzandone le simmetrie, le particolarità, le piccole rifrazioni che forse a una prima occhiata sfuggono alla vista, ma che se ingrandite all’obbiettivo della macchina da presa risultano chiare, per non dire palesi. No, non c’è nulla che possa competervi, né lo sguardo ipnotico di Nicole Aniston in tanga e reggicalze, né le forme sinuosoidali e transgender di Ana Mancini, neppure le maternali e affettuose tette di Gianna Michaels. Naomi Watts è la diva più bella e perfetta, che se pure non si spoglia (oltre il consentito), riesce comunque a infondere quel non so che di mesmerico, quell’aura sottile, ubriaca e suggestiva, nello spettatore. Sarebbe difficile immaginare Two Mothers con un’attrice differente, e anzi a tratti pare che la pellicola sia stata scritta appositamente per la sua fisicità levigata e rifinita, che le sia stata cucita su misura, come un abito di foggia impeccabile e dalle proporzioni millimetriche.
Ora, nel film di Anne Fontaine succede questo: Lil e Roz (la Watts e Robin Wright) sono amiche dall’infanzia, vivono l’una accanto all’altra lungo un’incontaminata spiaggia australiana, e un bel giorno, causa mariti defunti o assenti, decidono di trastullarsi con i rispettivi figli, degli adoni ventenni freschi e saporiti a cui nessuna donna di buonsenso potrebbe dire di no. All’inizio sembra un gioco, ma poi la cosa si fa seria e tutto il resto… Ecco, l’ambientazione è perfetta, così come la fotografia, gli attori, persino la regia che grazie a questi movimenti di camera flessuosi e delicati accarezza le superfici dei corpi, svestendoli, spiandoli nella banalità di un’azione ordinaria, come il nuotare o l’abbronzarsi sulle travi di una zattera, rendendo erotico quanto altrimenti confinato alla mera quotidianità. Per tutto il primo tempo ci perdiamo in questo mondo fatato, dove andare a letto con le madri dei propri amici più intimi è cosa abbastanza normale da non destare nemmeno un barlume di scalpore, soprattutto se le genitrici in questione hanno dei fisici mozzafiato e girano per casa quasi tutto il tempo in costume da bagno; non siamo più semplici fruitori, ma vittime partecipi di questa complicità deviata ma sanamente morbosa, tutta giocata su sguardi conniventi, ammiccamenti deliziosi, e persino qualche pudibonda scena di sesso.
Eppure dopo circa due terzi, Two Mothers svacca via sulla scia di un moralismo patetico e piccolo borghese, come se si chiudesse un film audace, vitale e provocatorio e se ne inaugurasse un’edizione per babbione puritane da cineforum, quelle che per indovinare il significato di partouze (ma cosa costava inserirne una, o anche mezza?!) devono ancora ricorrere a un dizionario di francese. Cos’è successo nel frattempo? A quanto pare la Fontaine, specializzata nei triangoli più istituzionalizzati (vedasi Nathalie, in cui veniva inscenata una triade da manuale tra moglie, marito e prostituta), non regge i teen foursoume, per dirla in gergo tecnico, e infatti appena il film prende velocità, la svergognata regista preme il pedale del freno, innesta una marcia più bassa e risolve l’inghippo (complice lo sceneggiatore Christopher Hampton) nel più triviale dei modi: non si finisce a tarallucci e vino, ma poco ci manca. L’erotismo cede il posto al melodramma da salotto, la puntigliosità del copione a una soluzione affrettata e tutta di comodo, per quanto poi abbastanza fedele al romanzo del premio Nobel da cui il film è tratto, Doris Lessing. Non si può svelare di più, ma accettate questo consiglio: abbandonate la sala dopo circa un’ora, e ve ne tornerete a casa con l’immagine euforica di un film straordinario, senza macchia né difetto, con una Watts messa “a nudo” come non si vedeva da I giochi dei grandi (2004); ma se vi attarderete oltre il consentito, la piacevole sensazione di appagamento cederà il posto a una reazione allergenica che quasi vi farà maledire il denaro sborsato per il biglietto. Quasi, appunto. D’altronde l’aria di scandalo tira sempre spettatori al suo mulino, forse perché siamo tutti inguaribili voyeur, forse perché vale ancora il vecchio adagio marxista, i borghesi sono viziosi perché si scambiano le mogli, e le mogli borghesi lo sono, aggiunge il sottoscritto, perché si scambiano i figli.
Marco Marchetti
Two Mothers
Regia: Anne Fontaine. Sceneggiatura: Christopher Hampton. Fotografia: Christophe Beaucarne. Montaggio: Luc Barnier, Ceinwen Berry. Musica: Christopher Gordon. Interpreti: Naomi Watts, Robin Wright, Xavier Samuel, James Frecheville, Ben Mandelsohn. Origine: Australia, Francia. Durata: 100 min.