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Il cinema di Luigi Zampa

Ridere civilmente – Il cinema di Luigi Zampa è un libro bello da leggere e necessario per fare chiarezza una volta per tutte su uno dei protagonisti del nostro cinema, ingiustamente retrocesso tra gli autori di seconda o terza copertina ridere civilmentefascia. Certamente Zampa ha messo a servizio troppo spesso il suo “artigianato” per rispondere a commissioni di qualità scarsa, come del resto l’industria cinematografica italiana a volte imponeva, considerando la regia un mestiere (deo gratias). Ma tra gli anni 50 e 70 Zampa ha firmato alcune delle più riuscite commedie all’italiana, quanto film di impegno civile.
L’autore del saggio Alberto Pezzotta ne ripercorre il percorso ragionando tanto sui picchi artistici quanto sulle parentesi meno riuscite, sempre contestualizzando al periodo storico in un quadro più ampio in cui il cinema di Zampa (come quello dei suoi contemporanei) diventa specchio della società italiana. I racconti di Zampa passano così dall’enfasi deformante e i ritratti impietosi della commedia (a volte addolciti senza retorica, come in Bello Onesto Emigrato Australia sposerebbe compaesana illibata, del ’72), all’affresco più crudo dei lati oscuri del suo presente, fino al ritorno sul recente passato fascista, ridicolizzato in Gli anni ruggenti (1962).
Il ritratto di Zampa e il profilo del suo cinema assumono nel saggio via via coerenza nel disinvolto passaggio da film come Processo alla città (’52), a L’arte di arrangiarsi (’55) o Il vigile (’60), da lavori secondari come Ragazze d’oggi (’55) e Ladro lui, ladra lei (’58) a Il magistrato (’59), dal graffiante Il medico della mutua (’68) alla denuncia più esplicita di Bisturi, la Mafia Bianca (’73), dove il focus è sempre la sanità italiana.

Ridere civilmente – Il cinema di Luigi Zampa
di Alberto Pezzotta,
Cineteca di Bologna (2012), 348 pagine, 15,00 euro.

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