Joe e Chrissie Fairburn sono sia fratelli che detective della polizia inglese. Impegnati in un caso di omicidio di una ragazzina dodicenne arrestano un uomo in passato già condannato per molestie, convinti della sua colpevolezza. Ma gli elementi a disposizione non sono sufficienti e il sospettato viene rilasciato. I due allora forzano la mano, tentando con mezzi brutali di estorcere all’uomo una confessione. Le cose cambiano improvvisamente di prospettiva quando Joe, in un momento di rabbia, uccide l’uomo. I due passano così un confine. Dovranno nascondere il corpo e provare a vivere gestendo il peso della colpa. Mentre le indagini sul caso della ragazzina uccisa vanno avanti.
Per il suo secondo film, Nick Murphy torna a casa: i luoghi dove è stato girato Blood sono i luoghi della sua infanzia. E’ stata una richiesta precisa di Murphy, ed è stata una scelta felice. Le spiagge della penisola di Wirral passano attraverso la fotografia di George Richmond e arrivano allo spettatore come parte di un mondo livido e freddo, con un cielo bianco ed un mare che si butta contro la terra, senza consolazione o apertura di sguardo.
Forte di queste atmosfere ben costruite, Blood sembra essere un thriller psicologico, ma finisce per diventare un film sul senso di colpa e sulla difficoltà di trovare se stessi, uscendo dall’ombra dei propri padri per diventare uomini. Murphy sceglie insomma una strada molto difficile, che lo porta in luoghi già a lungo esplorati. Dove molto è già stato detto e dove serve una grande dose di talento per poter portare un contributo nuovo e spingersi un po’ più in là.
Eppure Blood parte bene, mostrando da subito di avere in mano le carte per giocarsi fino in fondo la partita. C’è la splendida fotografia di Richmond, di cui abbiamo già detto, ci sono degli attori di talento che dimostrano in fretta di essere in grado di dare credibile vita ai propri personaggi, c’è un soggetto che contiene in sé tutti gli elementi necessari. Così Murphy riesce a tenere il passo fino al punto di svolta del film, affrontando con efficacia anche la forte sequenza dell’omicidio del sospettato. Ma è da quel momento in avanti che le cose si fanno davvero difficili, perché è qui che il film abbandona il thriller per provare ad essere qualcos’altro. E’ da qui in poi che sarebbe servito quel qualcosa in più che a Blood manca. Nel raccontare le angosce dei fratelli Fairburn, Murphy sembra ossessionato dalla paura che lo spettatore non capisca. Si cercherebbero invano dei sottintesi nel film. Tutto è mostrato con una chiarezza quasi didascalica. Si veda in questo senso la scelta di lasciare la camera puntata su Chrissie (Stephen Graham) durante l’interrogatorio che svelerà il vero colpevole dell’omicidio della ragazza, condannando i due fratelli al peso della colpa. Il tormento interiore dei fratelli Fairburn, e in particolare di Joe (Paul Bettany), risulta appesantito dai cliché del caso, che si portano via tempo e non lasciano spazio per tentare uno sguardo originale. Saranno allora molte sigarette fumate con aria assente, molti whisky e molti impermeabili col bavero alzato. E se la narrazione procede fluida e senza sbilanciamenti, le continue sottolineature di Murphy, finiscono per buttarle addosso una certo tipo di prevedibilità.
A spingere in queste direzione è anche la sceneggiatura di Gallagher, la prima per un film dopo i lavori come autore di serie tv. (compresa quella da cui il film è tratto, Convinction); un modo dove, invece, l’evidenza dei passaggi narrativi è, per la natura del prodotto, un’esigenza. Così frenato, il film di Murphy non riesce nel compito che si era prefissato. Compito difficilissimo, lo abbiamo detto, ma che, visti gli elementi a disposizione, meritava un tentativo. Un po’ più di coraggio ci avrebbe forse dato un film meno controllato, ma più interessante. In questo senso Blood rimane allora, soprattutto, un’occasione sfruttata a metà.
Matteo Angaroni.
Blood.
Regia: Nick Murphy. Sceneggiatura: Bill Gallagher. Fotografia: George Richmond. Montaggio: Victoria Boydell. Interpreti: Paul Bettany, Stephen Graham, Mark Strong, Brian Cox. Origine: Gran Bretagna, 2013. Durata: 93′