Un verdetto un po’ a sorpresa ha assegnato il primo Orso d’oro della storia alla Norvegia. La giuria della 75^ Berlinale, presieduta dal regista americano Todd Haynes (Lontano dal paradiso, Carol), ha premiato Dreams (Sex Love) di Dag Johan Haugerud. Il film, che ha ricevuto anche il premio Fipresci, uscirà in Italia tra due settimane ed è il completamento di una trilogia sulle relazioni personali iniziata lo scorso con Sex, presentato proprio alla Berlinale e proseguita con Love, in concorso alla Mostra di Venezia.
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Nonostante si fosse alla vigilia delle delicatissime elezioni politiche tedesche, il festival è sembrato sotto tono, salvo risollevarsi negli ultimi giorni. Se un anno fa vinse il documentario sulla decolonizzazione Dahomey di Mati Diop, stavolta è stato completamente ignorato il bel documentario ucraino Strichka chasu – Timestamp di Kateryna Gornostai, che sembrava tra i favoriti.
La competizione, che comprendeva 19 titoli con l’assenza dell’Italia, è sembrata a lungo non all’altezza. Due Orsi abbastanza a sorpresa sono invece andati al Sudamerica: Gran premio Orso d’Argento al fantapolitico brasiliano O ultimo azul di Gabriel Mascaro, che ha pure ritirato il premio della giuria ecumenica. Una storia che ricorda un po’ il giapponese Plan 75 sugli anziani considerati scarti e deportati in colonie da un governo dispotico; Premio della giuria Orso d’Argento all’argentino El mensaje di Ivan Fund, su una ragazzina che ha il potere di comunicare con gli animali e trasmettere il loro “messaggio”. Un piccolo film d’atmosfera con qualcosa di magico che ha colpito i giurati. Molto meritato l’Orso d’Argento per la migliore regia al cinese Living The Land di Hou Meng, una delle scoperte del concorso, che racconta i cambiamenti delle campagne cinesi negli anni ‘90 attraverso gli occhi di un bambino. Si è dovuto accontentare del Premio per la sceneggiatura il romeno Radu Jude (già vincitore dell’edizione 2021 con Sesso sfortunato o follie porno) per Kontinental ‘25, ancora ironico e tagliente sulla società contemporanea avida di denaro.
Come migliore attrice protagonista viene premiata l’australiana Rose Byrne (nota per Insidious e Spy) che si porta addosso If I had Legs I’d Kick You di Mary Bronstein, thriller psicologico inutilmente complicato, tra i meno convincenti della gara. Come miglior attore non protagonista, la giuria ha riconosciuto Andrew Scott, che interpreta il musicista Richard Rogers in Blue Moon del grande Richard Linklater, uno dei film più belli del festival. Una pellicola dal sapore teatrale ambientata nel 1943, con Ethan Hawke nel ruolo del compositore di My Funny Valentine e Blue Moon Lorenz Hart, che si sente superato dai tempi nuovi e tradito dal sodale di tanti successi Rogers.
Ultimo Orso d’argento, quello per il contributo artistico al suggestivo, visionario e un po’ sterile La Tour de glace di Lucille Hadžihalilović con una brava Marion Cotillard nei panni di una regina delle nevi vagamente burtoniana.
Nella neonata sezione Perspectives dedicata alle opere d’esordio, vittoria per il peruviano El diablo fuma di Ernesto Martinez Bucio, con premi collaterali all’italo-sloveno Little Trouble Girls di Urška Dukić.
Tra i documentari, premio all’americano Holding Liat di Brandon Kramer, presentato nella sezione Forum, e menzione speciale per il musicale Canone effimero dei fratelli De Serio.
In Berlinale Shorts Orso a Lloyd Wong, Unfinished di Lesley Loksy Chan, mentre in Generation l’Orso va a Maya, donne-moi un titre del sempre fantasioso Michel Gondry con sua figlia Maya.
da Berlino, Nicola Falcinella