Diciamo subito che per chi scrive Challengers è il miglior film di Luca Guadagnino, regista discontinuo, idolatrato in molti continenti ma che non ci ha davvero mai esaltato. Sarà per il tennis che oggi è sulla bocca di tutti, sarà per un cast davvero notevole (la star in rampa di lancio Zendaya, l’ex tombarolo de La Chimera Josh O’Connor e l’attore e cantante Mike Faist) ma questo nuovo lavoro è davvero molto piacevole, divertente e intenso, una vera goduria per gli occhi.
In origine, il film avrebbe dovuto aprire l’ultima Mostra del Cinema di Venezia ma, a causa dello sciopero di attori e sceneggiatori che ha coinvolto Hollywood per diversi mesi e che non avrebbe consentito ai protagonisti e al regista di essere presenti al Lido, l’uscita è stata rinviata. Il film arriverà così nelle sale di tutto il mondo in questi giorni e in quelle italiane esattamente dal 24 aprile distribuito da Warner Bros.
Siamo nel 2019, Tashi Duncan (una splendida Zendaya) è un’ex tennista prodigio diventata allenatrice dopo un grave infortunio: una forza della natura che non ammette errori, sia dentro che fuori dal campo. Sposata con Art, un fuoriclasse reduce da una serie di sconfitte (Mike Faist), la strategia di Tashi per la redenzione del marito prende una piega sorprendente quando quest’ultimo deve affrontare sul campo di un torneo minore l’ormai avvilito Patrick (JoshO’Connor), un tempo suo migliore amico ed ex fidanzato di Tashi. Mentre il loro passato e il loro presente si scontrano e la tensione sale, Tashi dovrà chiedersi quale è il prezzo della vittoria.
Per chi non segue il tennis ricordiamo che il titolo del film deriva dall’Atp Challenger Tour, quella serie di tornei minori istituiti per consentire ai giocatori di seconda fascia di acquisire un ranking sufficiente ad accedere alle gare major. Ma “challengers”, cioè sfidanti, sono pure i nostri protagonisti: Art Donaldson e Patrick Zweig, una volta amici per la pelle, che adesso si ritrovano a confrontarsi sul campo di New Rochelle, dalle parti di New York. Il film inizia proprio dal finale, quando si svolge questa partita, da qui Guadagnino ricostruisce la storia andando indietro nel tempo facendo capire come quel match in fondo marginale sia invece così importante per tutti e tre. Ci sono conti da regolare, sentimenti da rinsaldare, scelte esistenziali da prendere.
Guadagnino si trova a suo agio in un film che nasce più come un’operazione commerciale che autoriale, è una sceneggiatura di Justin Kuritzkes che gli è stata proposta con alle spalle la potente casa di produzione che ha creato gli ultimi tre Spider-Man, da qui la presenza di Zendaya ovviamente.
Guadagnino dice di non sapere molto sul tennis ma di conoscere molte cose sul desiderio, lo aveva già dimostrato con Call Me by Your Name e ci riesce ancora in questo film che è molto più pop, divertente e leggero. Le complicazioni di una relazione e le sofferenze interiori affascinano da sempre il regista italiano e il film sembra dirci che le relazioni comportano il controllo sull’altro, ma in fin dei conti anche il controllo su se stessi. Challengers è proprio un film sulla dinamica del desiderio, la dinamica del controllo e dell’autocontrollo, che si rispecchiano metaforicamente nella bellezza e nell’atletismo del tennis, lo sport più mentale che esista. Per capire il tennis e la follia che ci sta dietro consigliamo di vedere assolutamente L’impero della perfezione di Julien Faraut, meraviglioso documentario che parte da John McEnroe per proporre un ragionamento cinematograficamente straordinario su mente e tennis.
In Challengers si parla sempre di tennis perché tutto è tennis, e nulla ovviamente è davvero tennis, lo dicono Patrick e Tashi in uno dei dialoghi più belli del film. Il tennis diventa così una metafora del potere e delle dinamiche di potere tra persone: all’inizio del film, Art è tra i cinque migliori tennisti del mondo, un plurivincitore di Grande Slam che si ritrova ora in un torneo minore; Art ha vinto praticamente tutto tranne gli US Open, e vuole ritrovare la strada per raggiungere quell’obiettivo. Ma probabilmente è anche sulla via del ritiro e si sta interrogando su quale sarà il suo futuro. Molto diverso è Patrick che attraverso la performance di Josh O’Connor, porta umorismo e disillusione. Entrambi sono tenuti in pugno da questa donna potente, Tashi, che rappresenta anche il punto di contatto tra di loro.
Guadagnino può sfruttare così l’elemento sportivo per raccontare questo triangolo amoroso in modo feroce ma allo stesso tempo allegro ed eccitante, non punta però sulla narrazione ma sceglie una strada più audace, scommettendo su uno stile dal movimento costante con una serie di scarti di tempo, cambi di prospettiva, intuizioni tecniche e ralenti sorprendenti. Nonostante qualche abuso di soggettive e campi da tennis trasparenti, il regista riesce ad arrivare a un risultato davvero coinvolgente, anche grazie a un montaggio vorticoso particolarmente efficace, e per merito di una colonna sonora elettronica martellante, opera di Trent Reznor e Atticus Ross, invadente e violenta, tanto coraggiosa quanto più che mai azzeccata.
Challengers diventa così una vera e propria sarabanda visiva, molto seducente e piena di traiettorie spietate e infinite possibilità, è evidentemente la rappresentazione dell’amore, nelle sue forme più magnetiche e spietate, pericolose e incerte.
Claudio Casazza
Challengers
Regia: Luca Guadagnino. Sceneggiatura: Justin Kuritzkes. Fotografia: Sayombhu Mukdeeprom. Montaggio: Marco Costa. Musiche: Trent Reznor, Atticus Ross. Interpreti: Zendaya, Mike Faist, Josh O’Connor, Nada Despotovich, A.J. Lister, Connor Aulson, Christine Dye, Naheem Garcia. Origine: USA, 2024. Durata: 131′.