Un bell’omaggio a Rainer Werner Fassbinder, firmato dall’eclettico François Ozon ha inaugurato il 72° Festival del cinema di Berlino. E oggi arriva, fuori concorso nella sezione Berlinale Special, Dario Argento con il suo Occhiali neri, un thriller con Ilenia Pastorelli protagonista affiancata da Asia Argento. Per il “maestro del brivido” è il ritorno dietro la macchina da presa un decennio dopo il deludente Dracula 3D. È il primo dei cinque lungometraggi italiani, tra i quali spicca il pirandelliano Leonora addio di Paolo Taviani che passerà martedì in competizione per l’Orso d’oro.
Peter von Kant è il rifacimento, in chiave maschile, di Le lacrime amare di Petra von Kant, uno dei capolavori di Fassbinder che fu presentato proprio a Berlino nel 1972. Ozon confeziona un tributo a uno dei suoi modelli dichiarati, scomparso 40 anni fa, reso ancora più significativo dal fatto che Peter è di fatto Fassbinder, un regista in ascesa nella Colonia di inizio anni ‘70. Fatti piccoli adeguamenti, la prima parte del film resta vicino all’originale (là Petra era una stilista che si innamorava di una giovane e ne faceva una modella), per prendersi poi varie libertà. Ne risulta un melodramma elegante, tutto chiuso nell’appartamento del protagonista in due momenti, tra l’infatuazione per il giovane Amir che diventerà una star e il dolore per la perdita dell’amato. Il protagonista è un Denis Menochet abbastanza somigliante e in parte, affiancato da Isabelle Adjani, Stefan Crepon e con la partecipazione emozionante di Hanna Schygulla, che nella versione originale era una splendente Karin. “Ho sempre avuto la sensazione che Petra fosse una storia autobiografica e Ingrid Caven, che allora era sua moglie, me l’ha confermato” ha dichiarato Ozon in conferenza stampa spiegando l’origine del suo film.
È curioso e molto da cinefili lo svizzero-iraniano À vendredì, Robinson di Mitra Farahani che ha aperto la sezione parallela Encounters. Negli anni ‘60 Jean-Luc Godard, allora sulla cresta dell’onda come portabandiera della Nouvelle vague, ed Ebrahim Golestan, il più importante cineasta persiano pre-rivoluzionario noto per il documentario Un incendio (1961) e per Mattone e specchio (1963), avrebbero dovuto incontrarsi ma per varie ragioni non successe. Nel settembre 2014 amici comuni li mettono in contatto e inizia un rapporto epistolare, fatto di email settimanali, puntuali ogni venerdì. Entrambi molto anziani, i due si scambiano considerazioni sulla vita e sull’arte, spiazzandosi a vicenda, soprattutto Godard, che inizia scrivendo di “redenzione” a proposito del suicidio. Eppure il dialogo a distanza prosegue e ci si chiede cosa significhi una corrispondenza. Oggi il concorso prosegue con Robe of Gems di Natalia Lopez Gallardo e soprattutto Rimini dell’austriaco Ulrich Seidl (Canicola), che ha ambientato in Romagna d’inverno un’altra storia di pessimismo delle sue, e La ligne della svizzera Ursula Meier nota per Home e Sister.
da Berlino, Nicola Falcinella