Con Peter Bogdanovich se ne va un pezzo della Hollywood che ha reinventato Hollywood tra la fine degli anni 60 e gli anni 70. Bogdanovich è tra quei cineasti che il cinema lo hanno studiato e lo hanno fatto, che sono passati dalla penna alla macchina presa e viceversa, una strada indicata dieci anni prima dai poco più anziani colleghi turchi della Nouvelle Vague. E Bogdanovich il cinema francese lo aveva amato e interiorizzato, come pure l’approccio analitico, critico, di un Truffaut, tanto per citare un autore affine. Una lunga conversazione con Orson Welles divenne un libro ancora oggi memorabile (Il cinema secondo Orson Welles, Il Saggiatore) quanto lo è la lunga intervista di Truffaut a Hitchcock.
In qualche modo aveva rivisitato i suoi miti con il suo cinema, ma senza quel citazionismo sterile degli omaggi, semmai incontrandoli con sfacciata disinvoltura, per farsi discepolo e comprendere l’essenza di quel cinema fondativo: Fritz Lang, Robert Aldrich, George Cukor, Howard Hawks, Charlie Chaplin, e tanti altri tra registi e attori.
Prima del cinema c’era stato il teatro, poi arriva con altri talenti (Scorsese e Nicholson) alla corte di Roger Corman, uno che il cinema lo faceva in serie e con pochi soldi, una vera palestra per chi puntava a produrre fuori dalle logiche delle major. I suoi primi lavori sono magnifici e restano tra gli esempi più vivi della stagione definita Nuova Hollywood: L’ultimo spettacolo (1971), Ma papà ti manda sola? (1972) e Paper Moon (1973) godono di freschezza e libertà, anche a rivederli oggi sembra di guardare un’America inedita, come fosse raccontata per la prima volta, mentre erano paesaggi conosciuti, strade già tradotte nei classici di Ford o Hawks, o che ancora trattenevano la stessa polvere quasi fosse materiale archeologico.
La tragedia della morte della modella Dorothy Stratten a cui si legò sentimentalmente, uccisa dal marito che lei lasciò proprio per il regista, lo segnò profondamente (Bob Fosse la raccontò nel film Star 80).
Di Bogdanovich, che negli ultimi anni aveva fatto più l’attore che il regista (nella serie The Sopranos ad esempio), bisognerebbe cogliere poi l’acume critico, riguardare i suoi documentari sul cinema, il saggio magnifico The Great Buster (Keaton ovviamente), rivisitare il rapporto con Orson Welles ripescando The Other Side of the Wind che lo vide attore per Orson.
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