“My life was meaningless…”
Questa è la realizzazione di Joe Gardner, protagonista del 23° film della Pixar, subito dopo la sua morte inaspettata e il conseguente passaggio all’entrata per l’Oltremondo. Ma se Joe ritiene che la sua vita sia stata un fallimento, cosa rende allora l’esistenza di una persona completa e pienamente felice? Pete Docter torna alla regia dopo i successi di Up e Inside Out per tentare di rispondere a questa domanda. Ma facciamo un passo indietro.
Joe, uomo di mezza età afroamericano, è un aspirante suonatore Jazz che per sopravvivere in attesa di realizzare il suo sogno insegna musica a una classe di ragazzini delle medie. Un giorno la sua vita sembra essere arrivata a una svolta significativa quando, quasi contemporaneamente, ottiene una proposta di contratto fisso per insegnare nella sua scuola e a distanze di poche ore ha successo a un’audizione presso il prestigioso locale jazz “Half Note” di New York per suonare con la nota jazzista Dorothea Williams. Joe si trova quindi di fronte a un bivio importante, da una parte accettare, come vorrebbe su madre, una vita tranquilla ed economicamente stabile da insegnante e dall’altra lanciarsi, seguendo le orme del padre scomparso, nel suo sogno senza garanzie ma tanto agognato di famoso pianista Jazz. Ma Joe non immagina che questo sia per lui anche il giorno della sua morte. Appena conclusa con successo l’audizione, Joe in preda alla gioia più folle corre per le strade trafficate di NY rischiando quasi di essere investito, la corsa si concluderà per lui con la caduta in un tombino aperto ponendo fine alla sua esistenza (o quasi). L’anima di Joe si ritrova quindi alle porte dell’Oltremondo, al cospetto di un’abbagliante luce dorata che conduce verso destinazioni ultraterrene. Ma il suo attaccamento alla vita è ancora molto forte, troppe cose gli rimangono in sospeso e non è certo questo il momento per chiudere i propri progetti di successo che era a un passo dal raggiungere. Nel tentativo di scappare Joe inciampa e precipita in un’altra dimensione, quella dell’Antemondo. Si tratta di un luogo color pastello e al di fuori delle comuni leggi della fisica dove delle baby anime ricevono personalità, peculiarità e interessi in attesa di essere pronte per incarnarsi in un corpo sul pianeta Terra. Qui Joe incontra n.22, un’anima etichettata come capricciosa e infantile che non prova alcun interesse a voler cominciare la propria vita ed è perciò bloccata nell’Antemondo da millenni.
Insieme ad essa inizierà una rocambolesca avventura alla riconquista del suo corpo e della sua vita. Questo forte legame tra due anime ribelli e le loro folli avventure alla ricerca di uno “scopo” per vivere faranno nascere in loro la consapevolezza che il significato della vita è, in realtà, “semplicemente” vivere. Non occorre trovare nessuno scopo specifico, arrivare per forza da qualche parte, affermare il proprio talento o ancora dimostrare di essere i migliori per trovare la felicità e pace interiore a cui tutti aspiriamo. Perché la verità è che si può essere felici in qualsiasi momento, facendo un profondo respiro e risintonizzandosi nel “qui e ora”, rifocalizzando la nostra attenzione sulle cose belle che la vita ci ha donato e delle effimere sorprese che ogni giorno ha in serbo per noi, che sia un trancio di pizza gratis o la bellezza di un albero in fiore sulla strada di casa. A tutto ciò possiamo sorridere con gratitudine.
Joe si accorge quindi di essere stato al mondo in una continua proiezione verso il futuro e in un’affannata ricerca di uno scopo, creandosi l’illusione che “diventare qualcuno” potesse saziare la sua irrequietezza e insoddisfazione interiore. Ma sogni e desideri, se non nutriti da ideali superiori e valori virtuosi che vanno oltre il proprio ego, rischiano di diventare ben presto pensieri ricorrenti, che si tramutano poi in ossessione e che in fine sfociano in rabbia e frustrazione. Il sogno di Joe era a un passo da diventare veleno per l’anima, incastrato dalla trappola illusoria del “quando sarò così o avrò quella cosa sarò davvero felice”. Come la storia che ci racconta il personaggio di Dorothea Williams di quel pesce che va da un altro pesce anziano chiedendogli la direzione per l’oceano di cui tutti parlano incosciente del fatto di esserci già dentro. E se la nostra anima è avvelenata o ottenebrata, come quelle che vediamo nel film vagare disperse in quello che sembra un libro oscuro tra Antemondo e Oltremondo, come possiamo noi essere profondamente felici?
Forse, la felicità sognata da Joe va cercata altrove. Forse, felicità significa prendersi cura della propria anima, coltivandola e curandola come fosse una piantina che ha bisogno di acqua e tanta luce così che, un giorno, possa sbocciare e finalmente fiorire.
Nella consapevolezza che ogni momento può essere speciale, che il tuo valore non si misura dai tuoi successi, followers o denaro in banca, che non è importante cosa fai ma come lo fai, ecco, che quando realizzi questa grande quanto sottile verità, la tua linfa vitale ricomincerà a scorrere e la tua anima rivedrà la luce.
E se alla domanda “sei pronto a lasciare questo mondo?”, la risposta è no, allora vuol dire che c’è ancora qualcosa da mettere a posto dentro di sé o un passo da fare per riconnettersi con l’identità più profonda di noi stessi, la vera natura del sé.
Perciò il segreto che Pixar ci insegna, sulla scia dell’antica tradizione yoga o di tutte le pratiche spirituali di questo mondo, è che la scintilla che stiamo cercando nella nostra vita non è l’ennesimo obiettivo o velleità nella “to do list” della nostra agenda, ma il via a un processo di riscoperta di se stessi, della nostra vera essenza, e di conseguenza dell’amore per l’esistenza.
Soul è quindi l’ennesima prova di coraggio produttivo di Pixar, che continua la sua ricerca ed esplorazione nei meccanismi e sentimenti del genere umano e delle energie che dominano questo mondo. Ancora lontana dall’omologarsi alle favole e mondi fantastici principeschi della padrona Disney, l’azienda di Steve Jobs mantiene la sua indipendenza portando alla luce storie di spessore che ci colpiscono dritti al cuore facendoci riflettere e scoprire nuove sfaccettature di noi stessi. Oltre alla ricerca di uno stile visivo sempre eterogeneo e innovativo, è proprio questo parlare dritti all’ “anima” delle persone il segreto che ha reso la Pixar tra le più apprezzate case di produzione d’animazione al mondo. E che tu sia piccino, mamma o papà, giovane, adulto o vecchio, i suoi film, come i migliori capolavori di Miyazaki, saranno pronti a donarti ciò che stai cercando, che sia un semplice momento di svago, un sorriso, una riflessione, uno scossone o una inaspettata emozione simile a un forte abbraccio.
È ora probabile che, come me, dopo aver visto Soul non saprai ancora “che cosa fare adesso” o “come passare il resto della vita” ma sicuramente sarai pronto a fare di essa un meraviglioso viaggio alla ricerca della vera felicità. Saprai assaporarne, così, ogni singolo momento.
Samuele P. Perrotta
Soul
Regia: Pete Docter e Kemp Powers. Sceneggiatura: Pete Docter, Mike Jones (II), Kemp Powers. Musica: Trent Reznor, Atticus Ross, Jon Batiste. Origine: USA, 2020. Durata: 90′.