Lee Israel è una biografa di talento, ma vive ai margini dell’editoria che conta perché ha un carattere difficile. Misantropa, grande bevitrice, poco incline alla forma nei rapporti sociali, dopo aver perso il lavoro e la stima della sua editrice, deve inventarsi qualcosa per pagare l’affitto e le spese mediche del suo adorato gatto malato. La svolta arriva quando in una biblioteca ritrova due lettere tra le pagine di un libro: scritte da Fanny Brice, le vende per 75 dollari. Forte della sua vena di scrittrice e delle sue competenze di biografa, inizia a comporre lettere false di autori scomparsi come Dorothy Parker, Louise Brooks, Lillian Hellman. Il gioco regge. A darle manforte è Jack Hock, un omosessuale perdigiorno che le diventa amico, condividendo con Lee la passione per la letteratura e il vizio dell’alcol. L’FBI non tarderà però a mettersi sulle tracce della scrittrice.
Copia originale, tratto dal romanzo autobiografico della stessa Israel (interpretata magistralmente da Melissa McCarthy, convincente in una parte drammatica dopo tanta comicità), è ambientato a New York nel 1991, un’epoca dunque in cui internet era ancora un’ipotesi, mentre costumi e rapporti sociali si trasformavano per effetto dei contagi da HIV. La regista Marielle Heller e la sua sceneggiatrice Nicole Holofcener riescono nell’impresa di rendere simpatica una donna ruvida, talentuosa ma frustrata, alle prese con un mondo che in fin dei conti disprezza (senza nasconderlo) e che per questo l’ha marginalizzata. Ad ammorbidire il personaggio ci pensa una spalla d’eccezione, uno straordinario Richard E. Grant, che nei panni del dandy in disgrazia Jack Hock offre una delle sue interpretazioni più convincenti. Jack entra nella vita di Lee con una dolce irruzione e la conquista con la sua maschera che da sola fa racconto. Personaggio prima che persona, diremmo, quasi costringe Lee all’amicizia, con un fare a metà tra la spudorata messa in scena delle proprie fragilità e la determinazione di chi cerca un’anima affine. Funziona bene l’accostamento di due solitudini che condividono bicchieri che bruciano di gradazione alcolica e il piacere per la letteratura, fino alla complicità nella truffa, che poi, per Lee diventa risarcitoria.
Il gioco della produzione del falso ha però componenti addizionali: ha in sé qualcosa di eccitante, è una sfida che Lee ingaggia con se stessa, con la sua capacità di scrivere la cosa giusta in una forma spuria, per effetto di una simulazione che rivela grande conoscenza della letteratura e dei suoi protagonisti, congiuntamente ad una forza espressiva rara, fino a generare falsi più veri degli originali. Risuona Walter Benjamin quando parlava di opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica, esprimendo un concetto che se vogliamo è alla base dell’editoria, ma che già prefigurava scenari futuristici in cui la riproduzione dell’immagine avrebbe svincolato qualsiasi opera di ingegno dall’hic et nunc. Ma la suggestione arriva per contrasto, o meglio, per l’azione di una strega che in piena epoca della riproducibilità tecnica dell’opera, e quindi della sua moltiplicazione a uso e consumo di un mondo globalizzato (già nel 1991 a pochi anni dall’esplosione del web), si permette di riprodurre non un oggetto ma un pensiero artefice della creazione di un oggetto, creando un’opera nuova.
Lee Israel riesce così a scatenare il suo talento,come auspicava la sua editrice, ma in modi e tempi assai originali, stimolata da una necessità e da una consapevole (così pensa chi scrive) sfida al potere, incarnato dalla rete di editori, librai, collezionisti. La Israel di Marielle Heller sembra conoscere l’epilogo della storia, ma troppo è il piacere dell’inganno perfetto, vera dimostrazione di bravura che la eleva e al tempo stesso ne sancisce il definitivo isolamento.
Poi la vita comincerà a sgretolarsi: la condanna, l’AIDS che colpirà inesorabilmente Jack, le librerie che diventano iperstore. Macerie sufficienti per farne un racconto di successo.
Alessandro Leone
Copia Originale
Regia: Marielle Heller. Sceneggiatura: Nicole Holofcener. Fotografia: Brandon Trost. Montaggio: Anne McCabe. Interpreti: Melissa McCarthy, Richard E. Grant, Anna Deavere Smith, Julie Ann Emery, Dolly Wells, Joanna P. Adler, Marc Evan Jackson. Origine: USA, 2019. Durata: 106′.