Il nostro terzo giorno a Cannes si apre con il film Cómprame un Revolver di Julio Hernández Cordón, selezionato per la Quinzaine des Réalisateurs.
“Messico. Tempo indeterminato” sono le prime parole che compaiono sullo schermo e che proiettano lo spettatore in un contesto atemporale, un luogo dove donne e bambini sono rapiti, dove i cartelli del narcotraffico controllano tutto e regna incontrastata la criminalità.
Il film si articola in tre macrosequenze, che coincidono con tre differenti luoghi. In un camper su un campo da baseball dismesso vive Rogelio con la sola Huck, sua figlia di tredici anni, che, nel timore che venga rapita come la madre e la sorella maggiore, vive legata ad una catena e indossa una maschera per celare la sua femminilità. Huck affronta le sue giornate affiancata da tre coraggiosi compagni di avventure, che rappresentano la cruda e violenta realtà che li circonda; seppur ancora bambini, riproducono, giocando, tutta la crudeltà che hanno vissuto nei loro pochi anni di vita. In parte per tenerla al sicuro, in parte perché obbligato, Rogelio la porta con sé alla festa di compleanno del capo dei narcotrafficanti. Questo secondo ambiente è presentato con inquadrature dall’alto che lentamente accompagnano lo spettatore nel progressivo aumentare della tensione. Il culmine sembra raggiunto quando i narcos scoprono che Huck è una bambina, ma in realtà le vicende stanno soltanto per precipitare verso l’inferno tra armi, droga e bambine tenute in gabbia. In un attimo la situazione degenera: alla musica si sostituiscono grida e spari per l’intervento della polizia. Segue il silenzio a segnare la fine della strage e con un’inquadratura plongée con Huck osserviamo il campo di battaglia disseminato di cadaveri ridotti a sagome colorate, come quelle tracciate con il gesso sul luogo di un delitto, una volta rimosso il cadavere, a simboleggiare la disumanizzazione di ogni strage d’uomini. Il corso degli eventi porta Huck altrove, verso la sua nuova vita. La bambina, dopo essere stata abbandonata dal padre, che è stato arrestato, sembra quasi possedere la coscienza ormai di un adulto, quando su un fiume, tra gabbiani e cespugli verdi, su una zattera si allontana progressivamente, con il capo dei narcotrafficanti, unico sopravvissuto al massacro. Il paesaggio naturale, quasi un’oasi di pace dopo la feroce tempesta dello scontro a fuoco, sembra rispecchiare l’autonomia della decisione di Huck, per quanto guidata dai consigli dei suoi amici, che, non dimentichi del legame profondo che li unisce, tornano ad offrirle il loro aiuto. Seguire dei bambini o proseguire con l’adulto dai bei capelli lunghi che potrà farle da madre e da padre? Ma, in fondo, cosa potrebbe riservarle di buono il mondo degli adulti, che le ha solo mostrato violenza e ferocia? Forse meglio l’affetto e la solidarietà dell’amicizia, che lasciano anche nello spettatore una qualche speranza di rinascita.
Garçons de Cannes