Un posto nel mondo, rassegna varesina nata e cresciuta “dal basso”, arriva quest’anno alla sedicesima edizione: un traguardo importante per una manifestazione coraggiosa e rara, promossa da tante associazioni, forze del lavoro ed enti pubblici, chiamati a raccolta per stimolare l’attenzione su argomenti che spesso non trovano l’attenzione adeguata nei media e tanto meno al cinema. L’obiettivo di questa manifestazione (che coerentemente non vuole essere un festival, ma un progetto di rete sul territorio e che si articolerà per tutto novembre) è di rendere visibile l’invisibile, o per lo meno dare centralità al cinema di documentazione sociale, che non può godere di costose promozioni commerciali e deve pubblicizzarsi spesso in canali alternativi e indipendenti, legati al lavoro culturale portato avanti dalle forze del terzo settore.
La scommessa è ardua: oggi più che mai, infatti, la forza delle immagini, da cui siamo catturati in tutti i momenti della giornata anche solo con un clic sul computer, ci raggiunge e ci travolge, ma orientarsi è sempre più difficile, resistere è impossibile, subire passivamente anziché scegliere che cosa vedere è la normalità più avvilente e pericolosa. Acquisire un modo critico di vedere, di accostarsi al mondo delle informazioni, della comunicazione e dello spettacolo però non è impossibile, senza rinunciare ad emozionarsi ma anzi favorendo una nuova sensibilità sociale e nuove consapevolezze. Perché le immagini non lasciano mai indifferenti: per questo, privilegiando la comunicazione audiovisiva, Un posto nel mondo continua a parlare e a mostrare, attraverso reportages, testimonianze di vita, scorci quotidiani, le contraddizioni della nostra epoca e le ferite di un mondo alla ricerca di equilibri più stabili e giusti. Il cinema di impegno civile, e soprattutto i documentari, che spesso oggi meglio riflettono luci ed ombre della nostra vita, spesso raccontano storie poco conosciute, tragedie nascoste, sofferenze silenziose e drammi di popoli, ma per fortuna in molti casi riescono a mostrare gesti di condivisione e d’accoglienza, buone pratiche, energie costruttive. Abbiamo un gran bisogno di immagini vere, ma al contempo sentiamo la necessità, quando possibile, di mostrare processi di integrazione, dinamiche di solidarietà, conquiste di civiltà, per costruire e non solo…
Giulio Rossini