Il film in concorso al Festival di Cannes 2017, dell’austriaco Michael Haneke, è ambientato in un’inedita Calais alto-borghese, contrapposta alla “Jungle” mostrata solitamente, e gira attorno a una famiglia della borghesia che, dietro una facciata impeccabile di ricchezza e bon ton, nasconde oscurità e demoni interiori. La famiglia Laurent vive isolata dal mondo nella sua villa, secondo costumi e riti desueti e non comunica volontariamente con il resto del mondo, nonostante abbia tutti i mezzi per farlo. Il film con tono glaciale, fornisce una visione de-umanizzata di uomini e donne, filtrata dagli occhi della protagonista, la tredicenne Eve.
Happy End si struttura con sequenze molto brevi e apparentemente scollegate tra loro. Solo proseguendo la visione, lo spettatore riesce a individuare il quadro generale della decadenza della famiglia e tale struttura privilegia dunque la caratterizzazione dei personaggi. In primis Eve, apice del processo discensionale, che nonostante la sua giovane età manifesta atteggiamenti di insensibilità verso ogni cosa, distanziandosi dalla realtà con lo schermo del suo cellulare. La sua storia incontra quella del nonno, patriarca della famiglia (interpretato da Jean-Louis Trintignant), uomo lucido e cinico che, insieme alla figlia Anne, funge da ponte tra questo film e il precedente Amour. Infatti, raccontando il suo passato alla ragazzina, non fa che riassumere la trama dell’opera vincitrice della Palma d’Oro della Sessantacinquesima edizione del Festival di Cannes.
Il regista mostra al pubblico una profonda crisi dei valori, accompagnata però da episodi grotteschi scatenati da una psicologica impossibilità di reggere alla tensione. Persino le riprese si trasformano in un vero e proprio spionaggio, attraverso inquadrature fisse in stile stalking e riprese da telefoni cellulari (già dall’incipit). L’unico contatto col mondo esterno è dato dal sonoro diegetico. Dal film emerge una forte critica verso la società francese ed un pessimismo antropico senza eccezioni.
Garçons de Cannes 2017