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20.000 voci amare da una Nave Dolce

L’8 agosto 1991 una nave albanese, carica di ventimila persone, giunge nel porto di Bari. La nave si chiama Vlora. A chi la guarda avvicinarsi appare come un formicaio brulicante, un groviglio indistinto di corpi aggrappati gli uni agli altri. Le operazioni di attracco sono difficili, qualcuno si butta in mare per raggiungere la terraferma a nuoto, molti urlano in coro “Italia, Italia” facendo il segno di vittoria con le dita.

La mattina prima una folla enorme di migliaia di persone aveva assalito improvvisamente il mercantile, costringendo il capitano Halim Milaqi a fare rotta verso l’Italia: una marea incontenibile di uomini, ragazzi, donne, bambini. C’è Eva che sale arrampicandosi lungo le cime d’ormeggio insieme al marito. C’è Kledi, un ragazzino che si trova in spiaggia con gli amici quando decide di seguire incuriosito la folla che va verso il porto. C’è Robert, giovane regista con i suoi compagni di studi. Il motore centrale è in avaria, non c’è cibo, né acqua. Solo zucchero. Ad attendere la Vlora c’è una Bari incredula e stordita e uno stadio di calcio vuoto, dove, dopo lunghissime operazioni di sgombero del porto, gli albanesi vengono rinchiusi prima del rimpatrio.

Il film, presentato Fuori Concorso con grande successo di pubblico e critica all’ultimo Festival di Venezia, ha vinto il Premio Pasinetti, assegnato dal Sindacato Giornalisti Cinematografici Italiani.

Le interviste sono intense, le immagini di repertorio scovano inediti negli archivi di TeleNorba, costruendo un quadro agghiacciante di un’Italia impreparata di fronte a scenari inediti dopo la caduta del muro. Gli albanesi “concentrati” nel vecchio stadio di Bari evocano gli orrori argentini della dittatura. Di lì in poi tutto sarebbe cambiato nelle geografie europee e per il nostro paese si preparavano vent’anni di flussi migratori da tutto il Mediterraneo.

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