La Los Angeles degli anni ’70 è una metropoli stravagante e libertina. I colori, la discomusic, il cinema inebriano le percezioni, dilatano la vista fino al punto di far perdere le coordinate della realtà, che invece registra scontri razziali, ascesa dei cartelli del narcotraffico e costante aumento dell’abuso di stupefacenti, prostituzione e mercato del porno. Ed è proprio nel contesto del cinema a luci rosse che due investigatori privati, Holland March (Ryan Gosling) e il cinico Jackson Healy (Russell Crowe), decidono di allearsi, nonostante incompatibilità caratteriali e di “metodo”, per ritrovare una ragazza scomparsa, Amelia, figlia del capo del Dipartimento di Giustizia della California (Kim Basinger). La giovane, fidanzata ad un regista di cinema sperimentale morto nel rogo doloso di casa sua, è in qualche modo legata alla morte di una nota porno star. Le indagini porteranno i detective (e la caparbia tredicenne figlia di Holland) verso un’organizzazione potentissima e radicata, che ha a che fare con il mercato delle automobili, in aperto contrasto con i movimenti ambientalisti di cui fa parte anche Amelia.
Sceneggiatore di fama (i primi due Arma letale li ha firmati lui) e regista nel 2005 del travolgente Kiss Kiss Bang Bang, Shane Black dirige una commedia dai toni cupi che, combinando una trama fatta di intrighi e cospirazioni, mescola action e detective-movie, nonché suggestioni noir nonostante i colori sgargianti della città del vizio nel 1977. Non ci sono però aperte citazioni a Raymond Chandler, come nel film precedente, ma semmai uno sguardo alla psichedelia e alla cultura beat. I due investigatori, magnificamente interpretati da Gosling e Crowe, così improbabili in coppia da divertire anche i più scettici (echi lontani riportano allo strampalato detective Sportello di Vizio di forma), si muovono, uno goffamente e l’altro violentemente a suon di pestoni, in una città giungla, inquinatissima (smog e corruzione), in rapida espansione orizzontale, già labirinto di highway da far girare la testa. Hollywood c’è ma solo sullo sfondo, una babilonia segreta e inaccessibile, offuscata – come fu in Boogie Nights di Paul Thomas Anderson (sempre gli anni ’70) – dal mercato del cinema per adulti, che all’epoca muoveva capitali ingenti e attirava nella macchina (divoratrice) aspiranti attrici ingaggiate da eccentrici registi.
Blake riesce a evocare quel clima, i movimenti di protesta, le promesse illusorie, i lustrini di facciata, l’allegria posticcia e i viaggi lisergici dei festini tra presunti vip, tutto conditi da massicce dosi di ironia. I due investigatori attraversano questi mondi con disincanto, ampiamente disillusi, abituati ad affondare i piedi nel marcio, sotto sotto contaminati da strascichi esistenzialisti, come era appunto per gli antieroi del noir. Ma se Jackson Healy si difende abbracciando una “regola” che lo trasforma in una sorta di guerriero dai sentimenti apparentementi compressi, Holland March è un fragile con una figlia da proteggere e la morte della moglie da elaborare. Come in Arma letale la somma di due produce molto di più del risultato matematico, trasformandoli in determinati giustizieri, Holland, addirittura, in supereroe, un personaggio dei cartoni animati che vola giù da scarpate e palazzi senza farsi male, conquistando la stima della giovane figlia.
Poi ci sono le lobby, ma quella è una storia gigantesca, il segno dei tempi (brutali) che avanzano e riducono a brandelli i residui impianti etici dell’estremo occidente, di fronte alle quali non c’è supereroe che tenga fuori dalle vignette di un fumetto o dalla pellicola di un film.
Vera Mandusich
The Nice Guys
Regia: Shane Black. Sceneggiatura: Anthony bagarozzi, Shane Black. Fotografia: Philippe Rousselot. Montaggio: Joel Negron. Interpreti: Russell Crowe, Ryan Gosling, Angourie Rice, Matt Bomer, Margaret Qualley, Kim Basinger. Origine: Usa, 2016. Durata: 93′.