Lui è tornato, recita il titolo del film. È tornato o non se ne è mai andato? Dove è stato in tutto questo tempo? In ognuno di noi, sedata dal benessere, l’esigenza di lui è stata messa a tacere, pronta a far capolino, senza troppa vergogna, al primo segnale di crisi o instabilità. Lui, nel film di David Wnendt, così come nell’omonimo romanzo di Timur Vermes, è Adolf Hitler (Oliver Masucci). Adolf Hitler che si sveglia nella Berlino di oggi e che, sfruttando le possibilità offertegli dai nuovi media, torna a piacere, a convincere, a trascinare le masse. Lui è Adolf Hitler, ma potrebbe essere chiunque altro, basta che sia una guida e che sia disposto a guidare, a orientare, a salvare dalla crisi di valori, dalla crisi economica, dalla paura dello straniero. I corsi e ricorsi della storia, si dice, ma forse sarebbe meglio dire i corsi e ricorsi della natura umana. Quanto è facile lasciarsi persuadere quando non si hanno più certezze né garanzie? Quanto è facile cedere al fascino della sicurezza davanti all’angosciosa instabilità? Quanto abbiamo bisogno, da esseri umani, di punti cardinali, di bussole, di indicazioni chiare e indubbie? Quanto l’uomo può diventare homini lupus, se si tratta di dividersi quel poco che resta, se si tratta di dover cedere il proprio, se si tratta di vedersi privati di qualsiasi piccolo o grande privilegio?
Questo ci chiede e si chiede David Wnendt, raccontandoci una storia che più che favola sembra specchio, e ci fa orrore. Anche perché, va bene la fiction, va bene il paradosso, ma ciò che il regista fa, ciò con cui costruisce la parte più consistente del suo film, ciò che più inquieta e dà da pensare, sono le interviste. Interviste a tedeschi di oggi, della Germania supermoderna, ipertollerante e progressista di oggi, a tedeschi che qui tanto progressisti e open-minded non ci appaiono più, o che anche, viceversa, ci appaiono tanto ingenuamente open-minded da tollerare un Hitler che fa il ritrattista sulla pubblica piazza. Tedeschi che potrebbero essere italiani, francesi o inglesi e che semplicemente ci raccontano quanto possa divenire grottesca la nostra natura se si sposa a paura e ignoranza.
In un’epoca in cui si costruiscono muri e barriere, in cui si rinnegano accordi presi in tempo di vacche grasse solo perché adesso non ce n’è più per tutti, in un periodo in cui l’altro appare mostruoso e la diffidenza dilaga, in cui per proteggersi si tenta la via dello struzzo, con la testa sottoterra e le sbarre alle finestre; in un periodo in cui però, alla fin fine, il timore di un passo indietro non prende voce e uno Hitler qualunque resta, in ultima analisi, “soltanto un comico”, allora forse bisogna iniziare a spaventarsi, e bisogna farlo in fretta. Prima che il gioco vada tanto avanti da non riuscire più a vederne la via d’uscita.
Monica Cristini
Lui è tornato
Regia: David Wnendt. Sceneggiatura: Johannes Boss, Marco Kreuzpaintner. Fotografia: Hanno Lentz. Montaggio: Andreas Wodraschke. Interpreti: Oliver Masucci, Fabian Busch, Katja Reimann. Origine: Germania, 2015. Durata: 116′.