Uno degli aspetti positivi della complessità del continente Cina è che ci sia un regista come Jia Zhang-Ke a raccontarne la frenetica corsa verso la modernità. Classe 1970, il regista, da The Pickpocket (1997) a quest’ultimo magnifico lavoro, con una dozzina di film tra documentario, fiction e ibridazioni, è impegnato nello sviscerare le contraddizioni di un’economia che ha tentato la via del capitalismo, per poi tradirla con apparati di controllo rigidi e repressivi; l’idea di libertà individuale che si sgretola di fronte ai privilegi delle élite; le trasformazioni sociali del dopo Rivoluzione Culturale fino ad oggi. In sostanza una storia di promesse tradite dove neppure la comunità è ormai un supporto solidale. Il cinema di Jia Zhang-Ke è una galleria di personaggi disorientati, adulti e anziani a cui è sottratto il conforto del passato e la sicurezza di una casa (Still Life, 2006), giovani che non riconoscono più le proprie radici (i magnifici Platform, 2000, e Unknown Plaesures, 2004), adesso, con Al di là delle montagne, a queste costanti tematiche si aggiunge la frastornante insicurezza di uno sradicamento che non è più solo culturale ma diventa fisico, una generazione di figli di immigrati che non conosce nemmeno la lingua madre e che, per questo, fatica a comunicare con i genitori.
Al di là delle montagne è elegia della deriva, sinfonia di solitudini, racconto in tre strofe degli effetti di un miraggio.
1999, sulle note di Go West dei Pet Shop Boys la Cina si affaccia al nuovo millennio con speranza; Macao, ultima colonia portoghese, viene riannessa. Stringiamo il campo: Fenyang, nella provincia Shanxi. Una donna, Tao (Zhao Tao, vista in Io sono Lì di Andrea Segre), e due uomini di circa venticinque anni, Zhang (Yi Zhang) e Lianzi (Jing Dong Liang) si giocano il futuro in una triangolazione affettiva che si risolverà con il matrimonio tra Tao e il prepotente Zhang, esponente di quella élite emergente con il sogno della ricchezza smisurata e che significativamente vorrà chiamare il figlio Dollar. Rimarrà disperato e deluso Lianzi, che per Tao perde anche il lavoro in miniera. Quindici anni più tardi, i due hanno divorziato, Dollar è stato affidato al padre, Lianzi ha un figlio piccolo ma un cancro lo sta divorando. Tao va a trovarlo, gli lascia del denaro, quasi a risarcirlo dell’antico tradimento. Quando il padre di Tao muore, pretende che ai funerali ci sia anche Dollar. Madre e figlio si ritrovano insieme. 2025, Dollar ha diciotto anni, da anni vive in Australia con il padre. Un conflitto profondo li separa. Dollar ha perso il cinese che adesso studia in una scuola per immigrati. Il padre non parla inglese. Il fallimento del suo progetto è palese, Zhang è sfatto e privo di vitalità e a nulla servono fragili divieti a impedire al figlio di coronare il sogno di un ritorno in patria, dove la madre non ha smesso di aspettarlo.
La Cina di ieri, di oggi, di domani che presto sarà oggi, nella storia di quattro personaggi in cerca di futuro, seguendo strade differenti nel tentativo di orientarsi tra i segni ambigui del presente. Se in Still Life assistevamo all’azione del progresso che cancellava un’intera collettività (il paese che scompariva sommerso da un lago artificiale) metafora delle trasformazioni inevitabili di una società che guarda avanti e schiaccia i deboli, in Al di là delle montagne la sensazione è di trovarsi di fronte a un cumulo di macerie, dove diventa sempre più difficile rimuovere i detriti per ritrovare tracce familiari che riconducano a una matrice identitaria, dove il suolo è un cretto mobile che minaccia lo sgretolamento.
Guardare all’Occidente con curiosità per mimarlo superficialmente come fa Zhang è un vuoto esercizio o al massimo il gioco di un illusionista (la ricostruzione in scala ridotta di monumenti delle capitali europee nel parco tematico in The World – Shijie, 2004). Per questo i personaggi di Jia Zhang-Ke nel primo atto del film si muovono su uno scenario che sembra piatto, complice l’uso di un digitale algido, in una cornice quadrata, che si dilata progressivamente col passare del tempo, un’apertura che è allargamento degli orizzonti, ma anche spaesamento. Il risultato è compresso nello sguardo spiazzato di Dollar, emozionato e turbato al pensiero di una madre lontana che, resistente, ancora confeziona a mano tradizionali ravioli al vapore.
Alessandro Leone
Al di là delle montagne
Regia e sceneggiatura: Jia Zhang-Ke. Fotografia: Nelson Yu Lik-Wai. Montaggio: Matthieu Laclau. Interpreti: Zhao Tao, Yi Zhang, Jing Dong Lian. Origine: Cina/Francia, 2015. Durata: 120′.