“Il problema è che la prospettiva è una rappresentazione non fedele dell’incidente; è una ricostruzione di senso e in quanto tale ha pochissima relazione con l’evento stesso“.
Charlie Kaufman nasceva il 19 novembre di 54 anni fa. Oggi è considerato tra gli sceneggiatori più geniali ed innovatori degli ultimi 30 anni di cinematografia statunitense. Nomination? svariate. Premi vinti, moltissimi, tra cui un Oscar per la sceneggiatura di Eternal Sunshine of the Spotless Mind (lungometraggio firmato da Michel Gondry e conosciuto in Italia sotto la povertà del titolo Se mi lasci ti cancello). Il suo stile è emerso proprio grazie alla forte collaborazione con i registi Spike Jonze e Michel Gondry. Questi hanno saputo ascoltare lo sceneggiatore, traendo dai suoi scritti i dettagli più curiosi. Lo hanno spesso coinvolto nella fase di produzione dei loro lungometraggi – quando normalmente lo sceneggiatore fa un passo indietro.
La sua scrittura viene riconosciuta ad occhi chiusi per essere incline al flusso di coscienza e alla frammentazione. Nonostante la sua carriera abbia avuto inizio attraverso l’ autorialità di Sit Com di stampo statunitense, Kaufman ribalta nei primi anni 2000 il modo dei suoi racconti spingendo il comico televisivo verso un assurdo e drammatico gioco di storie e relazioni. La televisione risulta un’ottima palestra nell’esplorazione della cultura popolare.
Il tema del sogno, esplicitato o non in ogni sua sceneggiatura, viene difeso da Kaufman a spada tratta. Ciò che viene assemblato la notte è un prodotto che coincide con il nostro essere più genuino. E’ fedele alla nostra particolarità perché priva di giudizi di altri sul nostro modo di apparire.
Ciò che invece avviene nel processo di storytelling (tecnica di scrittura che propone al di sotto del livello di narrazione un tema o un’impressione per il pubblico) è un continuo abbellimento del racconto su modello dell’audience al quale è rivolto.
Il suo stile, fortemente connotato dal coraggio di distinguersi nell’industria cinematografica, ben combacia con il processo creativo di registi quali Gondry e Jonze. Nel 2008 con Synecdoche abbiamo assistito al flusso creativo scrittura-regia interamente gestito da Kaufman: forse per alcuni una via a senso unico verso il cervellotico, per altri una grande prova di maestria e talento nel film d’autore.
In attesa di un’opera prossima che possa segnare un altro successo nella sua carriera di sceneggiatore, mi sembra più che sensato recuperare ciò che di più personale è stato detto da lui nel recente passato. Dopo un’attenta rilettura a distanza di tempo, ho ancora il sogno che ogni sceneggiatore alle prime armi scopra il suo discorso del 30 settembre 2011 al BFI Southbank (da questa sezione del Bafta Guru website è possibile ascoltare gratuitamente l’mp3: http://guru.bafta.org/charlie-kaufman-screenwriters-lecture-video ).
Kaufman si trova in controtendenza rispetto alla manualistica classica, che cerca di imporre alle storie uno schema narrativo lineare e ripetitivo. Esorta l’onestà della scrittura attraverso il riconoscimento della vulnerabilità umana, ancora prima dell’esplicitazione di altri temi. Come si relazionano gli uomini fra di loro? Nei desideri quasi sempre di natura opposta – citando dal discorso l’espressione “push-pull relationships”. Così lo sceneggiatore deve, nella stessa opera, esprimere il proprio punto di vista sulla storia e lasciare spazio alla coesistenza di altre impressioni. Ogni persona infatti rappresenta una rarità che è potenzialmente in grado di raccontarsi al mondo senza sforzo di immaginazione. Va anche tenuto conto che all’interno di un sistema reale così intricato di relazioni interpersonali non c’è niente di più funzionale che il pensiero di non rappresentare il mondo ma di essere in un mondo.
La richiesta di un decalogo sul lavoro dello sceneggiatore risulta a Kaufman obsoleta. Sicuramente però consiglia di lasciarsi guidare dallo sviluppo della storia ed aprirsi ai colpi di scena e all’evoluzione dei personaggi; di non abbandonare mai questioni considerate “sconvenienti”; di non semplificare; infine, di non puntare ad un obbiettivo ma concedersi del tempo anche nell’ottica dell’abbandono del lavoro.
Il valore creativo sopra ogni consiglio però è riconoscere che il lavoro di ognuno non sarà mai uguale ad un altro, che anche la maniera dell’affrontare uno stesso racconto non potrà avvicinarsi all’onestà se non sarà trattata con la più profonda e sincera parte di noi stessi.
La bellezza delle storie è che ci sarebbero tante versioni tante quante le persone che potrebbero raccontarle. Perché quindi rimanere fedeli ad uno schema a tre atti per raccontare ciò che succede nella vita – che spesso è molto più complessa degli stessi tre atti imposti?
Nel giorno del suo compleanno il consiglio è quello di visitare il sito dello sceneggiatore. Costantemente aggiornato, offre anche la possibilità di scaricare le varie bozze delle sue sceneggiature e valutare da più vicino il suo processo di scrittura: http://www.beingcharliekaufman.com/
La parola va chiaramente a chi sente il desiderio di cimentarsi nello storytelling. Un mondo immaginativo di indefinite e affascinanti proporzioni.
Scrivete!
Giulia Peruzzotti