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SPECIALE La corrispondenza

corrispondenzaPremessa: non sono un amante del cinema di Tornatore, ma questo film ha un qualcosa di straniante rispetto ai suoi precedenti. È un film sincero che cerca di fare romanticismo fuori dal tempo e perciò mi vien voglia di difenderlo.
Il film segue la storia d’amore tra una studentessa universitaria (Olga Kurylenko) che sbarca il lunario come controfigura per scene d’azione e un professore di astrofisica (Jeremy Irons) scomparso nel nulla. Li lega una “corrispondenza” amorosa costellata di sms, chat, registrazioni video e chiacchierate via Skype. Ma questa conversazione mai interrotta sarà per lei un sollievo o una dannazione?

È uno strano oggetto La corrispondenza, è evidentemente un film che s’incammina su un terreno pericoloso, la trama è spesso improbabile e sfiora il ridicolo in più occasioni (risatine ironiche in proiezione stampa comprese), ma se si accetta questo “amore oltre la morte” il film alla fine ha il suo fascino.La-corrispondenza
Tornatore gira un melodramma totalmente raggelante, un film senza i barocchismi che ha abusato in gran parte della sua carriera. Ed è molto interessante che l’unica inquadratura “alla Tornatore” sia la prima scena: un lungo piano sequenza che segue la coppia amoreggiare, poi prosegue verso il corridoio dell’albergo e la stanza dove Jeremy Irons fa le valigie; la macchina da presa si ferma per permettere lo scorrere dei lunghi titoli di testa, e poi continua con lui che esce dalla stanza, si sofferma sulla porta di lei, e se ne va. Con l’andare via di Irons sembra andare via anche il cinema di Tornatore. È l’unica scena del film in cui i due attori vivono nella stessa scena, e perciò il regista sembra volerlo dire chiaramente: è l’unica inquadratura in cui il film vive, dopo cambia totalmente registro e abbina la tecnologia all’ineffabile. Anche le scene sui set cinematografici in cui la Kurilenko fa la stuntman sono evidentemente un cinema senza significato, senza quell’aura/retorica di mito del cinema che Tornatore ha sempre voluto sottolineare.
In questo senso si tratta pienamente di un film in cui Tornatore, anche se, per fortuna, il regista sceglie di ridimensionare la sua smodata (e spesso involuta) ambizione autoriale: azzera i carrelli, contiene la sontuosità di Morricone in colonna sonora, e fa un film in cui la dolente Kurylenko è spesso l’unica figura umana nell’inquadratura. Smaterializza un protagonista e di conseguenza smaterializza il suo cinema. È forse l’unico modo che Tornatore ha per fare un buon film.

Claudio Casazza

Dejà vu

Sappiamo tutti che cosa sia un dejà vu: è quando ti succede qualcosa e ti sembra proprio, quella cosa lì, proprio in quel modo lì, di averla già vissuta. Eterno ritorno dell’uguale, direbbe qualcuno. Certo è che a Tornatore, indubbiamente, questo giochino piace. E lo spettatore, in media, forse ci casca anche. Perché quando, come ne La corrispondenza, si parla di grandi amori, di amori iperbolici e impossibili, almeno il cinquanta per cento della popolazione cinefila si commuove e non se la sente di criticare. È quell’arcinoto colpo basso sferzato al romantico chla-corrispondenza-1e c’è in ognuno di noi, che ancora aspetta, a qualunque età, di trovare l’Amore con la A maiuscola. Per fortuna, però, il pubblico cinefilo è composto anche dall’altro cinquanta per cento. Che davanti alla storia di una donna giovane e bella “prigioniera” di un narcisista tanto pieno di sé da aver architettato un gioco perverso che gli permetta di esser presente nella vita di lei, con lettere, email e videomessaggi, anche dopo la propria morte, prova orrore e nulla più. Peraltro, l’effetto dejà vu non aiuta: è la seconda volta (di fila!) che Tornatore ci parla di un amore-prigione, di un ricatto affettivo, di una manipolazione a tutti gli effetti. Solo che ne La migliore offerta la cosa poteva essere anche divertente, e certo meglio congegnata. Qui il meccanismo non c’è o non funziona: a meno di metà del film l’enigma è già risolto e ogni successivo minuto è uno strascicarsi straziante e straziato di uno psicodramma tanto grottesco quanto noioso.
Insomma finché si tratta di capire se lui sia davvero morto o no, fin lì può starci. Lei, ovviamente, spera che lui sia ancora vivo e noi speriamo con lei. Ma no, lui è morto, è proprio morto. Fine della trama. Dopodiché, lei interrompe in un impeto di rabbia ogni comunicazione con il “lui virtuale”, se ne pente e passa tutto il tempo restante a tentare di rimediare al proprio errore, finché, alla fine, ci riesce. Poi elabora il lutto (in modo molto poco elaborato, diremmo, addirittura sbrigativo), si taglia i capelli, ed è una donna nuova, forse anche pronta ad accogliere nella propria vita quel suo amico dallo sguardo da triglia che naturalmente, anche lui, si è perdutamene innamorato di lei. Nel frattempo, giusto per dare un tocco di colore al tutto, il regista ci fa assistere a un prodigioso percorso di autoanalisi della giovane protagonista che, mentre aspetta che la corrispondenza ricominci, pensa bene di impegnare il tempo a risolvere il suo senso di colpa per la morte del padre e a riallacciare i rapporti con la madre, compromessi da anni: un periodo quanto meno proficuo insomma. Ma non basta.

Tornatore vuole anche fare il raffinato. E allora, per rendere il tutto non solo ancora più romantico, ma anche più velatamente intellettuale, ricorre alla metafora della stella, il cui fascino sta proprio nel suo poter essere studiata solo post mortem. Tutto regolare, se non fosse che il defunto lui è un noto professore di astrofisica, che la giovane lei è una studentessa di astrofisica, e che la tesi di laurea di lei, alla fine del film, verterà proprio su questa magica proprietà delle stelle. La scelta stilistica, possiamo dire, si commenta da sé.
Nel film Amy scrive undici volte il proprio nome, invia il tutto all’indirizzo email di Ed e la corrispondenza d’un tratto s’interrompe. Vorremmo avere anche noi un potere simile e interrompere “quasi per magia” la produzione cinematografica evidentemente inceppata di Tornatore. Ma purtroppo il suo ben congegnato meccanismo ha escluso questa possibilità.

Monica Cristini

La corrispondenza

Regia e sceneggiatura: Giuseppe Tornatore. Fotografia: Fabio Zamarion. Montaggio: Massimo Quaglia. Musica: Ennio Morricone. Interpreti: Olga Kurylenko, Jeremy Irons. Origine: Italia, 2016. Durata: 116′.

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