Ho sentito un brivido emozionante. Générique et car de Police di Jean Constantin. Il viso di Jean-Pierre Léaud quasi adolescente, le sue mani strette al metallo freddo del finestrino di una camionetta della polizia. Il bambino osserva Parigi di notte. Non è più un gioco la libertà del ragazzo selvaggio. Le luci di una giostra illuminano la notte umida, contrappuntando l’addio alla beata ingenuità dell’infanzia e alla città più bella del mondo. 400 colpi sparati con il permesso di Truffaut, in cambio di un’alba, un giorno, un tramonto e una notte sotto la Tour Eiffel. Titoli di testa. “Guarda Parigi svegliarsi al mattino”.
Ore 10 di pochi giorni dopo, non fosse finito in riformatorio, Antoine Doinel avrebbe incrociato l’allegro Zazie di Malle in un metrò. Ore 10 di pochi giorni prima: Jean-Paul Belmondo e Jean Seberg già dichiaravano Paris nous appartient, con un ultimo profondo respiro provocatorio. Da Godard a Rivette. Il regista saliva sui tetti e guardava in basso. Gli amici della non ancora Nouvelle Vague dichiaravano guerra al “cinema di papà” con la politica degli autori, penna e macchina da presa, dalle strade ai tetti per guardare Parigi come nessuno aveva mai fatto prima. Come pochi avrebbero fatto dopo: Bertolucci, Carax a Pont-Neuf, Hsiao-Hsien, ancora sui tetti, appeso a un palloncino rosso.
E ancora dai tetti di Parigi, Truffaut scriveva nel 1958 sul numero 682 di Arts del film miracolo del compagno Rivette: “Paris nous appartient sarà veramente il film della nostra generazione; vi vedremo dei giovani discutere dell’avvenire del mondo in camere d’albergo, lottare contro i compromessi per far trionfare la purezza della loro vocazione allo spettacolo; vedremo Parigi, forse per la prima volta, dai Champs-Elysées deserti all’alba al Pont des Arts illuminato la sera, passando per i tetti del teatro Sarah Bernhardt, i ristoranti universitari, le terrazze dei bistrot, le mansarde degli studenti, i piccoli giardini, gli atelier dei pittori, le cabine telefoniche, Saint-Germaine-des-Prés, le Tuileries e la metropolitana! Il titolo del film è stato ispirato a Rivette da una frase di Péguy che dice che Parigi appartiene a coloro che l’estate vi lavorano per preparare l’inverno.
Più che mai oggi avrei bisogno della penna di Truffaut, che mi permetta di preparare la primavera dopo aver lavorato in questo lungo freddissimo inverno.
Alessandro Leone