Fausto (Elio Germano), cameriere d’albergo che sogna di diventare chef, e Nadine (Astrid Berges-Frisbey), modella dal futuro promettente: si conoscono per caso, per gioco, ma nel giro di pochi minuti un tragico e inaspettato destino li lega per sempre. Un destino che sarà tutto fatto di tragedie e colpi di scena, fino all’ultimo istante del film. Tra le tante vicende, tra le tante incredibili avventure dei due protagonisti, c’è anche la discoteca Alaska, che Fausto comprerà prendendo “in prestito”, di nascosto, i risparmi di Nadine, e che dà il titolo al film.
Perché, vien da chiedersi? Non è che un elemento marginale, in fondo, la discoteca Alaska, o se non marginale, è uno dei tanti. È una delle tante cose che succedono senza un vero motivo e che si concludono di nuovo senza un motivo determinante. Vero è che a un certo punto l’Alaska sembra essere (e non è proprio detto che lo sia) la causa della rottura tra Fausto e Nadine, ma senza dubbio, se pensiamo al film, alla storia dei due amanti, alle loro vicissitudini, l’Alaska non è certo la prima cosa che ci viene in mente, anzi. A mala pena, alla fine di tutto questo intrecciarsi di eventi, personaggi, episodi ai limiti dell’improbabile, violenza, amore, tradimenti, omicidi, a mala pena ci ricordiamo dell’Alaska. Forse che Claudio Cupellini l’abbia scelta proprio per questo? Perché nel caos multiforme di sensazionalità che il film ci racconta, era la cosa più ordinaria, meno strana, più silenziosa? O forse perché intitolare il film Alaska è un po’ come dargli il nome dello sfondo della storia, della scenografia, o forse, ancor di più, delle quinte di palcoscenico? Può essere un’idea interessante, l’importante è capirne il motivo. Il problema è che un vero motivo non si vede, a meno che non si immagini che il regista, preso dal panico davanti a una storia che gli è sfuggita di mano e che è diventata qualcosa di più simile a un patchwork che altro, davanti a una storia che, per darle un nome, ci sarebbero volute almeno tre righe o un elenco della spesa, abbia pescato alla cieca, nel mucchio. Del resto, chi avrebbe potuto far di meglio, con un prodotto del genere tra le mani? Potremmo dire che sia un film sulla forza dell’amore e sulla magia dei colpi di fulmine, ma potremmo anche dire che sia un film sulle piccole grandi sfortune della vita, o sulle coincidenze, o ancora sugli imprevisti, sull’amicizia, sull’abbruttimento che porta la ricchezza, sull’egoismo o sulla solitudine, e potremmo continuare così ancora per molto. Perché, purtroppo, tutto sta esattamente sullo stesso piano. Se non ci fossero Fausto e Nadine a fare un po’ da fil rouge, con la loro storia tormentata e con i loro arresti speculari, nient’altro terrebbe assieme questo pot-pourri. A questo aggiungiamoci le frasi ad effetto di Fausto, o l’inascoltabile mix di francese e italiano, i gesti drammatici tanto fuori contesto da risultare grotteschi e una proposta di nozze in carcere, e il risultato troverà lo spettatore quanto meno perplesso.
Sì, perplesso, ma non del tutto insoddisfatto, perché alla fine, saranno i colpi di scena continui o semplicemente la difficoltà di tenere insieme i pezzi, il film non si può dire che annoi, anzi riesce indubbiamente a tener desta l’attenzione. Forse che fino all’ultimo ha sperato di trovare un senso in ciò che senso non ha? Ma in tal caso siamo costretti a ringraziare Cupellini, perché regalare una speranza, beh, non è mica da tutti.
Monica Cristini
Alaska
Regia: Claudio Cupellini. Sceneggiatura: Claudio Cupellini, Filippo Gravino, Guido Iuculano. Fotografia: Gergely Pohàrnok. Montaggio: Giuseppe Trepiccione. Musiche: Pasquale Catalano. Interpreti: Elio Germano, Astrid Berges-Frisbey, Valerio Binasco, Marco D’Amore, Elena Radonicich, Roschdv Zem, Paolo Pierobon. Origine: Francia/Italia, 2015. Durata: 125′.