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C’è acqua su Marte!

Che tempismo! Matt Demon dopo l’esilio nell’interstizio spaziale di un Black Hole, incarognito nelle trame di Interstellar, adesso viene THE-MARTIANabbandonato da Riedly Scott e dalla 20th Century Fox sull’arido pianeta Marte. Creduto morto deve ingegnarsi per mettere insieme H e 2O e coltivare in serra quante più patate possibili per tentare di sopravvivere da martian. Avessero atteso un paio d’anni, gli avrebbero evitato la fame accomodandolo in un script più morbido, sicuramente più attuale. Invece la realtà sgambetta la fantasia (e il cinema), corre velocissima, annuncia che su Marte l’acqua c’è e c’è stata in abbondanza, aprendo ad altri mondi fantastici, sollecitando altri immaginari, chiamando a raccolta i maghi delle congetture, invecchiando in un battito di ciglia The Martian, che non soffrirà comunque al botteghino, anzi. I dietrologi già scommettono che l’annuncio non arrivi casuale adesso, mentre la potente casa di produzione americana (& Co.) sta distribuendo in tutto il mondo il suo film più rosso, e si prepari, con gli incassi, a investire sui primi lotti marziani, favorita dalla Nasa che, presto o tardi, chiederà di girare in green-screen uno sbarco marziano prima che lo facciano i cinesi. Riedly Scott si sfrega le mani. Cucirà la bocca con filo d’adamantio come fece Kubrick, disseminando poi tra dieci anni indizi in un inutile risequel o prequel o reboot di Alien.
Se il cinema ci spiega meglio ciò che non capiamo, se ci aiuta a mettere a fuoco dettagli del reale che ci sfuggono, non è detto che non possa mentire. Godard lo ripete da decenni. Nei meccanismi della science-fiction si presume però di prevedere scenari possibili e credibili con la certezza di avere tempo, prima che il futuro ne decreti il decadimento. Se a distanza di 32 anni i replicanti di Blade Runner, come la piovosa metropoli che li bagna in un’eterna notte, godono nella probabilità alta di farsi possibili, alla serra dell’astronauta Mark Watney non resta che esprimere un’unica funzione, quella simbolica nonché scoperta di una “colonizzazione intelligente” che una volta tanto non soffoca, ma genera, la vita (prima di tornare prima o poi a soffocarla.. siamo uomini, mioddio!). Così The Martian arriva in sala senza incognite e, dopo Gravity, senza nemmeno il fascino dello spazio profondo di cui Cuarón ci ha raccontato la bugia cinematografica più bella dal 1895 ad oggi.
Allora eccita da morire uscire dalla sala e per una volta godere per ciò che ci attende fuori: un ruscello d’acqua marziana.
Buon autunno da Cinequanon e Filmstudio 90, che pure ci eccitano tanto..

Alessandro Leone

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