Le pellicole del genere action-comic non presentano molte differenze tra loro, anzi, se anche prendessimo in esame una scarsa manciata di titoli appartenenti alla categoria sopra menzionata potremmo facilmente dimostrarlo; il tema portante, infatti, così come il plot, già dai tempi di Austin Powers e fino al più recente Kingsman, rimane quasi sempre lo stesso. Il protagonista – almeno nel 99% dei casi – è una spia non troppo valida e buona parte delle volte improvvisata, restia al rispetto delle regole e alle prese con una missione decisamente al di fuori della propria portata; al contrario, l’antagonista è spesso e volentieri l’incarnazione di uno stereotipo ridicolo o per nulla pericoloso, con aspirazioni utopiche e quasi sempre attorniato da sicari incapaci o comici, per l’appunto.
É proprio sulla cresta di quest’onda di monotonia che si attesta la cavalcata rivoluzionaria di Spy, diverso non tanto nei temi, quanto nelle idee. Il dinamismo che mancava ai precedenti prodotti del genere viene stravolto e rieducato alla frammentazione del racconto con la suddivisione del ruolo di protagonista in tre figure differenti e autonome: il fine e affascinante Bradley Fine (Jude Law), l’agente segreto Rick Ford (Jason Statham) e un’inaspettata quanto strepitosa Susan Cooper (Melissa McCarthy). La storia non viene più raccontata dagli occhi di un singolo, ma dalla visione di tre prospettive diverse, che si alternano e interagiscono tra di loro in un ritmo frenetico che, sebbene disordinato, riesce ugualmente a guidare lo spettatore alla visione del quadro completo, attraverso uno humor mai uguale e che saltella dal demenziale al no-sense, dalla comicità raffinata alla riduzione a stereotipo dei tre protagonisti interdipendenti. Il sostrato narrativo rimane invariato, ma la diversità di Spy si infiltra anche qui. Il vecchio abbinamento standardizzato del James Bond in stile Lord Inglese e della sua partner top model viene drasticamente svestito della finzione cinematografica e riprodotto con più naturalezza e verità. La bellezza da passerella viene bocciata e il cartellino da spia trova posto sul maglioncino infeltrito di una segretaria della CIA (Susan Cooper) al suo primo incarico segreto; il classico James Bond si riscopre più casanova che gentleman, diviso in due personalità che oscillano tra l’ironica eleganza dell’agente Fine e il sarcasmo dissacrante dello specialista Rick Ford; infine – potremmo dire finalmente – i vecchi parametri che attestavano il sesso come tema chiave per le allusioni comiche vengono rivisti in nome di un’altrettanto divertente relazione – utopica si intende – tra l’informatica imbranata e il caposaldo dell’agenzia, Mr. Fine.
Notevole importanza va inoltre riconosciuta alle figure circostanziali, non più indifferenti o di riempimento, come risultava essere in passato, bensì essenziali allo svolgimento. É da questo singolare impasto che si delineerà il filone narrativo. L’annoiata e sedentaria Susan Cooper, tecnica informatica presso la CIA, si ritroverà a diventare, contro ogni aspettativa, la spia incaricata di sostituire il suo collega e amico Bradley Fine a seguito della sua prematura scomparsa. La sete di vendetta e il risentimento per non avergli mai dichiarato i propri sentimenti la spingeranno a immergersi completamente nel suo primo incarico, incarico che la metterà sulle tracce di un ordigno nucleare e che la porterà ad affrontare la lunga serie di esilaranti eventi e circostanze alla base della narrazione, in un climax d’ascendente ilarità che la legherà ad agenti pazzi e traditori, a impensabili travestimenti e irresistibili improvvisazioni, insieme ai suoi compagni d’avventura e alla sua ritrovata fiducia.
Mattia Serrago
Spy
Regia e Sceneggiatura: Paul Feig. Fotografia: Robert D. Yeoman. Montaggio: Don Zimmerman. Musiche: Theodore Shapiro. Interpreti: Melissa McCarthy, Jude Law, Jason Statham, Rose Byrne, Morena Baccarin, Allison Janney, Peter Serafinowicz. Origine: USA, 2015. Durata: 120′.