David Lynch si sporca le mani d’inchiostro per il saggio intitolato In acque profonde, uno scritto poliedrico ritmato da alcune note biografiche. Lynch ci tiene a descriversi, in giovinezza, come un pittore per nulla interessato al cinema; oggi, un maturo artista dalla sensibilità costantemente stimolata da curiosità ed intraprendenza. Di una sofferenza affrontata col film Dune, un final cut mancato, un lavoro reso sofferto dal sistema cinematografico. Della dilatazione del tempo durante le riprese di Eraserhead – la mente che cancella. “Avevo smesso di ascoltare musica e la televisione non la guardavo comunque. Non volevo che mi raccontassero che cosa succedeva nel mondo, perché per me era come morire”. Ma soprattutto di un quotidiano rapporto con la creatività, inevitabile successo della sua vita.
Creatività
“Le idee sono simili a pesci. Se vuoi prendere un pesce piccolo, puoi restare nell’acqua bassa. Se invece vuoi prendere il pesce grosso, devi scendere in acque profonde.” Lynch sostiene da 32 anni la pratica di meditazione trascendentale – il tema più citato fra le pagine. L’immersione nella creatività pura, in un livello profondo di significato che custodisce il legame di tutte le cose (soprattutto quelle apparentemente incoerenti).
“Avevo la netta sensazione che, ammettendo l’esistenza di un “campo unificato”, dovesse esserci un nesso fra una lampadina dell’albero di Natale e quest’uomo polacco comparso sulla scena indossando un paio di occhiali bizzarri. E’ interessante capire come questi elementi privi di alcun rapporto tra loro vadano d’amore e d’accordo.” La meditazione aiuta a raccogliere le energie e non a catturare le idee. Il desiderio di un artista viene spesso confermato da un’idea. Così avviene la concretizzazionedi ciò che potenzialmente sembrava solo istinto. “In Velluto Blu, sul primo tassello c’erano labbra rosse, prati verdi e la canzone Blue Velvet interpretata da Bobby Vinton. Poi un’orecchio in un campo. Tutto qui. Ti innamori della prima idea, quel tassello piccino piccino. Una volta che lo tieni in mano, il resto verrà da sé.”
“Spesso mi hanno chiesto perché, se la meditazione è un’esperienza splendida e dona tanta beatitudine, i miei film sono così cupi e traboccano di violenza.” Rabbia, depressione e dolore sono sentimenti utili alle storie, perché il conflitto è lo specchio del mondo. Ma per un artista possono essere una limitazione alla creatività, nella misura in cui lo stesso partecipi a questa sofferenza. Per questo la lucidità di Lynch – frutto di una costante pratica meditativa – fa sì che delle sue opere ne sia solo il regista e non il protagonista. “Una volta andai dallo psichiatra. In quel periodo compivo azioni che avevano assunto un’impronta terribilmente schematica, così pensai: Bene, è ora di farsi vedere da uno psichiatra. Entrando nello studio, gli domandai: Pensa che questa terapia possa in qualche modo danneggiare la mia creatività?. Rispose: Beh, David, in tutta onestà, forse sì. Gli strinsi la mano e me ne andai”.
Lynch evidenzia l’impossibilità prevedere le estranee interpretazioni del proprio lavoro, incoraggiando a seguire ciò da cui si è realmente attratti. Non è obbligatorio che il regista dia una spiegazione della sua opera, ma che “sia una questione di vitale importanza proteggere il mondo del film evitando di svelare certi dettagli che potrebbero comprometterne l’esistenza”.
“L’opera d’arte deve bastare a se stessa. Quello che voglio dire è che sono stati scritti tantissimi capolavori della letteratura, gli autori sono ormai morti e sepolti e non puoi tirarli fuori dalla fossa. Hai il libro però, e un libro può farti sognare e riflettere”.
Risultati
Completare un’opera richiede lucidità e attività nei confronti degli imprevisti. Ma soprattutto collaboratori entusiasti come i francesi, da Lynch definiti come “i più grandi paladini del cinema al mondo”.
L’intuito: per raggiungere la vetta della maestosta montagna di concetti astratti di cui è stracolma la vita. Ragione e sentimento che lavorano insieme. “Come fare perché una cosa ti sembri ben fatta? Tutti hanno a disposizione gli stessi strumenti: le cineprese, le pellicole, il mondo, gli attori. E’ nel mettere insieme questi elementi che si vedono le differenze. C’è un oceano di coscienza in ciascuno di noi, un oceano di soluzioni. Quando ti immergi in quest’oceano, nella coscienza, lo ravvivi”.
Luoghi
La tavola calda di Bob’s Big Boy: “Dalla metà degli anni Settanta fino ai primi anni Ottanta andavo da Bob’s Big Boy praticamente ogni giorno. Prendevo un frappé e stavo seduto a pensare. (…) Stare in una tavola calda a riflettere ti infonde un senso di purezza. Puoi prendere un caffè o un frappè, rintanarti in loschi angolini bui e ritornare sempre alla luce sicura della tavola calda.”
L’angolo dell’artista: Lynch lo definisce come il luogo di concretizzazione di ogni tipo di idea. Che sia un laboratorio, uno studio di registrazione o una stanza con un computer, non deve mai mancare. In sua assenza l’idea rimane ferma e marcisce, per colpa della mancata fiducia.
Il luogo cinematografico: il mondo legato ad ogni storia, un’atmosfera in relazione dinamica con gli stati d’animo. Minuscoli dettagli di scenografie che sembrano non essere scorti con ottiche grandangolari. Ma di essi se ne avverte la presenza. Micro-sensazioni che fanno sì che quel mondo sia solo ed esclusivamente reale.
Infine, il luogo di visione di un film. La magia di un teatro dal sipario, “forse rosso”, che inizia ad aprirsi. Il silenzio profondo: un luogo tranquillo, su uno schermo il più grande possibile per meglio entrare in quel mondo e viverlo, sopraffatti, sulla propria pelle.
Giulia Peruzzotti
In acque profonde. Meditazione e creatività.
David Lynch.
Mondadori (Collana Piccola bibilioteca Oscar), 2006.
€ 10,50