Abderrahmane Sissako ha affermato che all’origine di Timbuktu ci sono diversi eventi terrificanti: su tutti la distruzione di parte del patrimonio culturale, non solo nell’area della città gioiello del Mali, e la lapidazione di una coppia, un uomo e una donna con figli piccoli, colpevoli di non essersi sposati. Gli artefici di questi crimini sono legati a gruppi fondamentalisti, jihadisti la cui estrazione sociale e culturale, nonché provenienza geografica, non trova sempre coincidenze. Il cinema non ce ne offre una rappresentazione compiuta. La realtà supera in velocità il passo ridotto di ogni possibile costruzione drammaturgica. Azzerando quasi il tempo della differita, la rete è bombardata da video che deflagrano sulla superficie virtuale (che non significa irreale) del web, insinuando frammenti di terrore in ogni terminale connesso. Filmati come metastasi di un tumore senza epicentro, nelle viscere di un corpo tremante a cui non basterebbe la morfina per sfuggire al dolore.
Timbuktu in questo senso è un miracolo di tempismo, ma più lo vedo scorrere sullo schermo e più s’affanna nel tentativo di farsi racconto anche dell’ultima decapitazione per mano di un boia qualsiasi, anche della devastazione di Nimrud, anche della vile lapidazione di una ragazza poco più che adolescente. Le immagini girate con gli smartphone arrivano potenti, nel formato francobollo che tanto piace alla rete, in full HD e con una cura per il dettaglio che non ammette improvvisazioni. La ragazza è legata, infilata in una buca larga 50 centimetri, coperta di terra fino al collo e infine devastata dal lancio delle pietre, mentre l’operatore si fa occhio e si distrae sugli infradito poco distanti dal corpo senza più respiro. Questo. Free. Con un click.
La messa in scena dell’orrore sblocca una volta per tutte la membrana che separava il reale dal suo anagramma in chiave horror. Persistono di certo paure ancestrali, ma possiamo ancora elaborarle attraverso il cinema, nello spettacolo osceno di un corpo martoriato? E che senso possono avere ancora gli snuff movie? Il sangue circola copioso nel sistema circolatorio del web, una immensa aorta che non teme aneurisma pompa tutto il sudiciume del mondo, la cui visibilità non è più catartica ma destinata a produrre caos. Troppo semplice liquidare con l’ignoranza questa nuova forma bellica. La consapevole distruzione della vita passa attraverso l’oggettivazione del corpo-carne fatto fuori con facilità (ma non è una novità) e la cancellazione di siti archeologici, di tesori inestimabili, ovvero del passato e della cultura che radicano gli uomini alla Storia di altri uomini, condizione indispensabile per sfuggire al nichilismo e guardare al futuro. L’annientamento è essere costretti al presente senza che gli occhi possano trovare tracce del passato. E il Novecento ci dice che nemmeno questa è una novità.
Alessandro Leone