A guardare gli incassi del 2014 viene da piangere, d’accordo. Le presenze sono in calo e non solo in Italia. Lo dice Cinetel, che nel nostro paese rappresenta il 93% del mercato, mica una fettina striminzita! 91.465.599 sono i biglietti venduti (se mia nonna fosse venuta a vedere Maps to the Stars saremmo in cifra tonda, ma io sicuramente diseredato..). La diminuzione è del 6,13% rispetto al 2013. Gli incassi pari a 574.839.395 euro: flessione del 7,09%. Il prezzo medio del biglietto è però calato, per effetto della crisi e della decisione degli esercizi di incentivare le presenze in sala con le riduzioni. In quest’ottica va interpretata la flessione degli incassi dei film in 3D, il cui biglietto non è mai inferiore ai 10,00 euro.
Ma i dati ci dicono anche altro: il pubblico italiano che segue produzioni europee cresce, a discapito dei film statunitensi e di quelli prodotti in casa. Certo, il 2013 aveva incoronato Sole a catinelle, ma è impensabile che la differenza di bilancio di un’industria in salute possa farla un titolo. E infatti parlare di industria cinematografica in Italia è una forzatura. A tal proposito si ritorna costantemente sulle criticità di un sistema che non tutela i giovani autori, che arriva ai festival che contano con una manciata di nomi (i soliti) senza per questo produrre aspettative nel pubblico medio, che non promuove a sufficienza i talenti con lanci adeguati e permanenza nelle sale, che non incentiva le stesse sale e che brucia tre mesi interi con una programmazione ridicola (la stagione estiva), ingolfando l’autunno con una sovrabbondanza di titoli che non trovano schermi liberi. Condividiamo le parole del presidente dell’ANEC Luigi Cuciniello, quando afferma che “i cinema svolgono un ruolo importante sia nella crescita dell’identità culturale del paese, sia sul territorio, ma vengono decisamente trascurati in termini di risorse e ampiamente vessati sul fronte dell’imposizione fiscale”, auspicando per questo un cambio di rotta. Ma sembra un mantra già sentito che non può chiamare in causa le famigerate Istituzioni, senza portare al centro del dibattito istituzionale un progetto condiviso verticalmente (dalla produzione alla distribuzione).
Scriviamo, e mentre scriviamo preghiamo per il nostro cinema Nuovo (450 posti, di cui 300 rimangono sempre vuoti, quando va bene) e al tempo stesso tocchiamo ferro, perché nella saletta di Filmstudio 90, enclave varesina del cinema d’autore, tutto sommato da settembre stiamo sorridendo. Il pubblico ci segue con fedeltà e, soprattutto, tesseriamo under 30! Mica male. Bisognerà ingegnarsi, come sempre, per portare i giovani anche al Nuovo, creando un corridoio ideale di cultura cinematografica.. spettacolare! Noi come altri. E’ il progetto delle monosale che intendono resistere senza guardare troppo ai dati Cinetel, coraggiosamente nonostante i debiti per aver necessariamente dovuto svoltare in direzione “era digitale”.
Allora, se la tendenza è il cinema europeo, apriamo le sale alla qualità dei registi francesi, tedeschi, inglesi, polacchi, alle coproduzioni con i paesi del sud del mondo, nella speranza che l’Italia si muova sugli esempi dei nostri vicini più prossimi. Nel frattempo guardiamo con ottimismo al 2015, perché i dati questa volta ci confortano con un +10,35% di biglietti staccati a gennaio, rispetto allo stesso periodo nel 2014. Che il vento sia cambiato improvvisamente non lo pensiamo, ci limitiamo a constatare ciò che pare scontato ma non sempre lo è: l’appeal dei film. La nostra percentuale positiva di gennaio ad esempio si chiama The Imitation Game. Ne basterebbero altri nove in un anno per farci dormire sereni.
A.L.