Un prodotto ancora inedito nelle sale cinematografiche, rivoluzionario quanto il tema che è centro nevralgico della pellicola stessa: descriverei così ’71, come una piacevole sorpresa, sotto ogni punto di vista.
Sono passati solo pochi mesi dal grande successo di American Sniper, ed eccoci servito un altro capolavoro incentrato sui conflitti armati che hanno fatto la storia.
Il cecchino Chris Kyle nel film di Eastwood ci aveva portato nella Fallouja degli anni 2000, nella prima fase dell’attacco USA in risposta all’attentato dell’11 settembre; il soldato Gary Hook (Jack O’Connell) – protagonista di ’71 – invece, è parte integrante di una realtà diversa e oggi storicamente nota come Conflitto Nord-Irlandese, una realtà non comunemente associata al più aspro contesto iracheno, ma in tutto e per tutto paragonabile a quest’ultimo, sia per le vittime mietute dagli scontri che per la rapida propagazione degli ideali terroristici che li caratterizzarono.
Siamo a solo un anno dal sanguinoso ’72 e dalle cruente uccisioni che contraddistinsero il tanto conosciuto Bloody Sunday; gli estremisti cattolici della PIRA (Provisional Irish Republican Army) avevano preso il controllo di Belfast e la RUC (Royal Ulster Constabulary), la polizia Irlandese di stampo unionista protestante, non era più in grado di sedare gli scontri che dominavano il capoluogo irlandese. Venne chiesto aiuto alle forze inglesi e, in qualità d’alleati, la risposta non tardò ad arrivare.
Nel ’71 Il plotone del soldato Hook – recluta alla sua prima missione – venne inviato a ristabilire l’ordine nel cuore della faida cattolico-protestante, ma la realtà con la quale i soldati dovettero confrontarsi era ben diversa dall’immagine di una società recuperabile. Violenza e corruzione animavano gli animi di entrambe le fazioni religiose e il fervore di manifestanti violenti non era da meno. É qui che inizia la vera narrazione. La prima ricognizione militare nel cuore di Belfast scampa il massacro per miracolo; un soldato viene ucciso, Hook è dato per disperso. Abbandonato dai suoi stessi compagni e ambita preda di una caccia all’uomo senza sosta, davanti ai nostri occhi il giovane militare diventa incarnazione della trama stessa e di quella triste e sfortunatamente incompresa verità che la guerra è guerra, ovunque essa abbia luogo e quali che siano le sue proporzioni o ragioni scatenanti; un messaggio di denuncia che il regista della pellicola (Yann Demange) sembra trasmettere molto chiaramente in questo suo primo approccio al grande schermo.
La riflessione sottesa ai 99′ di proiezione è un messaggio potente, a tratti telegrafico, guidato da una sceneggiatura (Gregory Burke) concisa, semplice e che mira dritta al punto. Nessun giro di parole, nessun filtro; ’71 è pura e semplice verità, dritta in vena. Il ritmo tenuto nella narrazione è perfetto: c’è rapidità, velocità, nessuna sequenza è inutile; ogni ripresa è importante e intrisa di significato, ogni attimo catturato dalla camera ha un senso e un compito specifico.
Se un film del genere fosse muto girerebbe ugualmente alla perfezione; ci sono tutti gli ingredienti: forti inquadrature, dialoghi brevi ed essenziali, una brillante colonna sonora (David Holmes) e una buona dose di storia vista attraverso l’ottica cruenta del conflitto rappresentato. Il fattore attoriale è marginale, è vero, ma l’idea di sviluppare a 360° il profilo del protagonista, rendendolo fulcro del filone narrativo e asse di sostegno per lo sviluppo delle circostanti interpretazioni minori, si è rivelato un ragionamento vincente ed efficace, anche se molto è dipeso dall’ottima interpretazione ricoperta da Jack O’Connell, il quale ha indossato i panni di un ruolo più che complicato con sorprendente naturalezza e magistrale umiltà.
Abbiamo a che fare con una piccola perla, un’abile illustrazione di quelle che sono le radici di uno dei più sanguinosi alberi della storia, un gigante la quale corteccia è stata segnata appena e la cui chioma continua a crescere rigogliosa ancora oggi. Il solo contributo che ’71 regala al cinema storico, peraltro con lodevole maturità e serietà, è già di per sé un valido motivo per ricordare questo nuovo e interessante titolo, cruento quanto basta, equilibrato, veritiero.
Mattia Serrago
’71
Regia: Yann Demange. Sceneggiatura: Gregory Burke. Fotografia: Tat Radcliffe. Montaggio: Chris Wyatt. Musiche: David Holmes. Interpreti: Jack O’Connell, Sean Harris, Sam Reid, Paul Anderson, Charlie Murphy, David Wilmot, Richard Dormer, Martin McCann. Origine: Regno Unito, 2014. Durata: 99′.