Bollywood, ovvero la più grande storia d’amore mai raccontata. Esiste un universo cinematografico parallelo a quello occidentale, dominato dall’industria americana. Quasi completamente sconosciuta al pubblico, la galassia del cinema Indiano rappresenta la più vasta produzione di film al mondo. La chiamano Bollywood ma la si racconta con grandi film estremamente colorati, ricchi di musica e di ballo che attraverso struggenti storie d’amore riescono a comunicare la gioia di vivere che pervade una delle nazioni significativamente più povere al mondo, l’India. L’impresa di raccontare un secolo di cinema, totalmente estraneo ai canoni a cui siamo abituati, sembrava titanica ma Rakesh Omprakash Mehra e Jeff Zimbalist hanno dato vita a un vortice caleidoscopico di immagini suggestive capaci di stuzzicare il parlato cinefilo senza cadere negli stilemi classici di una classica agiografia cinematografica.
I due registi procedono per accumulazione di sequenze cinematografiche senza un preciso ordine cronologico e senza mai esplicitare nemmeno il titolo dei film sezionati nel rutilante montaggio. La storia di Bollywood viene dipanata disseminando il film di documenti storici che raccontano l’India, dalle lotte pacifiste del Mahatma Gandhi fino alle guerre religiose con il Pakistan che ancora oggi macchiano di sangue le cronache. Nessun intento didattico, Bollywood: The Greatest Love Story Ever Told è puramente un atto d’amore rivolto a questo sterminato panorama cinematografico. Come ha dichiarato l’attore, sceneggiatore e regista indiano Shekhar Kapur “Lo si adori o lo si detesti, lo si consideri qualcosa di retroguardia o di definitivamente moderno, non si può sottovalutarlo”. Bollywood, the Greatest Love Story Ever Told è un documentario che deve essere letto con lo spirito di cui sono pervase le parole di Kapur. Un film perfetto per scoprire quali sono gli ingredienti basilari, necessariamente focalizzando l’attenzione sulle coreografie di massa, climax classico dei questo genere di film, in un montaggio che esalta il flusso visivo e musicale capace di esaltare i suoi componenti spettacolari.
Il Festival del Cinema Africano sceglie questo documentario come occasione per festeggiare il centesimo compleanno della cinematografia bollywodiana, un film capace di trasporre in soli 80 minuti (un piccolo paradosso rispetto alla mole di film proveniente dal sub-continente indiano) i ritmi e gli stilemi che caratterizzano questo rutilante universo. Completa la cerimonia il film Aiyya, ottimo esempio di come il cinema indiano sia anche aperto al genere della commedia. Diretto da Sachin Kundalkar, il film racconta le avventure della giovane Meenakshi (interpretata dalla amatissima Rani Mukherjee) che sogna di diventare un’attrice nonostante viva in una condizione di estrema povertà. La sua vita cambia quando incontra un affascinante ragazzo Tamil che vive della sua pittura. Aiyaa è un film che però segna alcuni punti di rottura rispetto alla più rigida tradizione bollywoodiana, mettendo al centro della storia il desiderio sessuale della protagonista femminile, sottolineando esplicitamente come anche le donne abbiano il diritto di vivere le proprie passioni. Tematiche importanti per una società come quella indiana, parzialmente annacquata in una profusione di eccessi, esagerazioni e sbandate in un divertito cattivo gusto.
Trailer doc: http://www.youtube.com/watch?v=DzzPrUBCvkA
Trailer AIYYA http://www.youtube.com/watch?v=etUQBX0ZYNY
Carlo Prevosti