Si accende la Croisette.
Jarmusch ci porta i suoi zombie d’autore, che immaginiamo in giacca e papillon come si addice a una inaugurazione con i controfiocchi. E cresce in noi la voglia di entrarci a capofitto in questa Cannes 72, la Cannes dei mostri, dei Manson e dei cannibali hollywoodiani raccontati da Tarantino. Il festival più ambito al mondo e aperto alle novità, ma che alla fine è appuntamento per i soliti altri mostri (sacri), con poche eccezioni, pochissime. Perché i grandi festival ormai se le suonano tra di loro sulle frequenze dei nomi roboanti. Poche scoperte, luccicanti vetrine per lanciare gli ultimi capolavori dei maestri, che spesso capolavori non sono, ma piuttosto variazioni su temi consolidati.
Sparsi nei concorsi (ufficiali e selezioni indipendenti) Loach, i Dardenne, Malick, Herzog, Dumont, Dolan, Guadagnino, Guzman, Suleiman, Bellocchio, Noè, Diop, Bong, Desplechin. Fedelissimi e autori appena fuori dal circuito consolidato delle presenze fisse, ma che aspirano a diventare abitué. Opere prime o seconde è difficile arrivino nei concorsi che contano, si sa. E’ sempre di più la logica della Superlega, come sarà per il calcio, a tutto vantaggio di chi ci mette i soldi, non per amore ma per interesse (ci mancherebbe altro).
A scorrere i nomi mi incuriosisce Lorenzo Mattotti, fumettista di rango che porta a Cannes La famosa invasione degli orsi in Sicilia, dalle pagine di Buzzati. Made in Italy che potrebbe sorprendere come un venticello fresco.
Speriamo che non sia un femminicidio, che magari Sciamma o Hausner portino ancora originalità e non maniera (non ancora, vista l’età); ci auguriamo un film che dica frasi sbagliate, che provochi più per il linguaggio, che per il politicamente scorretto studiato a tavolino (alla von Trier, ecco). Ci sarà qualcuno che porta film sotto scorta, di quelli che non restano adesso ma che emergeranno alla distanza, anticipatori scomodi di sguardi impensabili e fuori tempo, perché Godard ha una certa età e la Varda ci ha lasciati.
I nostri ragazzi, i Garçons de Cannes, che dopo un anno di formazione presso il loro liceo, il Cairoli di Varese, tenteranno una lettura critica dei film e del festival – come occasione culturale e fenomeno di costume – ci piacerebbe tornassero a casa con tante domande, sui film, sugli autori, magari su un festival che Lav Diaz lo emargina, nonostante sia forse il regista che più di altri oggi stia dimostrando che il cinema è ancora una forma d’arte in parte inesplorata. Lav chi? dirà qualcuno tra i nostri lettori.
Siamo pronti, si parte. Cinequanon ci sarà con i nostri giovani inviati (per il quarto anno) e con Nicola Falcinella, spirito guida nell’intricato programma del festival.
Alessandro Leone